Per il Direttore delle malattie infettive dell’IRCCS Niguarda l’infezione che si manifesta con febbre, stanchezza, linfonodi ingrossati e vescicole simili a quelle della varicella si risolve da sola anche se esiste già un vaccino americano contro il monkeypox licenziato nel 2019 dalla FDA
È scattato l’alert negli ospedali italiani per il vaiolo delle scimmie dopo che è stato accertato il primo caso di “monkeypox” allo Spallanzani di Roma, in un giovane rientrato nei giorni scorsi da un viaggio alle Canarie. Salgono così a 47 i casi accertati nel mondo: 8 casi in Inghilterra, 8 in Spagna, 28 in Portogallo e uno negli Stati Uniti proveniente dal Canada. Il numero è destinato a salire, eppure il rischio che possa generare una nuova pandemia è remoto. La conferma arriva dall’Ospedale Niguarda di Milano dove il professor Massimo Puoti direttore del reparto di malattie infettive dell’IRCCS fa chiarezza sull’origine e la diffusione del virus.
«È una malattia che nasce in Congo molti anni fa e diffusa in tutta l’Africa Occidentale. Le scimmie in realtà sono ospiti collaterali – fa notare il primario di malattie infettive del Niguarda – ma è diffusa più in generale dai piccoli roditori. Da uomo a uomo si trasmette solo con un contatto diretto, non per via aerea». Questo è dunque il primo dato interessante: ha una bassa trasmissibilità, rispetto al Covid con il quale è inevitabile il paragone. «È stata battezzata vaiolo delle scimmie perché è un’infezione causata dallo stesso virus del vaiolo, ma coloro che sono entrati in contatto avevano fatto un viaggio in Africa occidentale oppure, come accaduto negli Stati Uniti nel 2003, l’avevano contratta dai cani delle praterie, i Coyote, che a loro volta l’avevano presa dai roditori del Ghana importati in precedenza».
Secondo i primi dati raccolti ad essere colpiti sarebbero maschi giovani, due elementi che circoscrivono il raggio di azione del virus. «Si tratta ora di capire il metodo di trasmissione – tiene a precisare Puoti -. Si ipotizza possa essere una infezione a trasmissione sessuale, ma devono essere fatti degli ulteriori approfondimenti. Un caso accertato da test molecolare allo Spallanzani di Roma e due casi sospetti devono mettere in allerta i medici dei Pronto Soccorso degli Ospedali e dei centri MTS (di Malattie Sessualmente Trasmesse) per identificare eventuali altri casi sospetti che dovranno poi essere comunque confermati con i test molecolari».
Febbre, stanchezza, linfonodi ingrossati sono i sintomi che accompagnano la comparsa di lesioni simili alle vescicole della varicella nel tronco per poi via via diffondersi negli arti fino al dorso di mani e piedi. «Ha una incubazione tra i 5 e i 17 giorni – spiega l’infettivologo – si risolve da sola, non è pericolosa se non per le persone immunodepresse con un sistema immunitario compromesso».
Non c’è una terapia, anche se dal 2019 negli Stati Uniti esiste un vaccino licenziato dalla FDA (Food and Drug Administration) contro il virus “monkeypox”. «Un dato interessante è che le persone dai 50 anni in su che hanno fatto il vaccino contro il vaiolo in giovane età – sottolinea Puoti che ricorda come in Italia fosse obbligatorio fino agli inizi degli anni ’80 – sono protette all’80% da questo virus, invece i giovani ne sono sprovvisti e dunque più a rischio di contagio».
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