Parla a Sanità Informazione il Presidente di OMCeO Rovigo, Francesco Noce: «Capisco la preoccupazione del Presidente della Regione Veneto, ma l’idea dei corsi di formazione ci lascia molto perplessi, si potrebbe andare incontro a rischi professionali». Poi sottolinea i vantaggi della proposta inoltrata a Zaia che «potrebbe liberare numerose borse di studio e colmare il gap attuale»
Alla luce della recente delibera della Regione Veneto sull’assunzione e formazione di 500 giovani laureati non specializzati, gli ordini dei medici di Belluno, Rovigo, Treviso, Padova, Venezia, Verona e Vicenza chiedono un incontro al presidente di Regione Veneto Luca Zaia per presentare una proposta in grado di risolvere il gravoso tema della carenza di medici.
«In Veneto mancano 1300 specialisti – esordisce Francesco Noce, presidente dell’Ordine dei Medici di Rovigo – gli Ordini dei medici del Veneto hanno intravisto questo pericolo negli ultimi 10 anni e chiesto ai vari governi di intervenire. L’aiuto formativo così come strutturato fino ad oggi, ha fatto sì che negli anni si siano laureati più medici di quanti poi siano riusciti a specializzarsi, per cui, di fatto, non c’è carenza di medici, ma di specialisti, ovvero coloro che, secondo la normativa, sono gli unici che possono adire ai concorsi pubblici negli ospedali o sul territorio. Oggi subiamo questa situazione perché non esiste alcun provvedimento per adattare le borse di studio alle reali esigenze. D’altro canto, posso capire anche la preoccupazione del Presidente di Regione Veneto, Luca Zaia, di avere gli ospedali sguarniti di medici nei reparti e nel pronto soccorso».
Qual è la vostra idea al riguardo?
«Noi abbiamo lanciato una proposta, in accordo con il presidente della Federazione degli Ordini dei medici, Filippo Anelli, che consiste nel far sì che quando vengono assunti dei medici, non ancora specializzati, siano però agli ultimi anni di specializzazione ed abbiano quasi terminato la loro formazione. In questo modo possono continuare a frequentare l’università per completare la specializzazione, ma essere anche assunti negli organici con dei contratti temporanei e affiancati da tutor fino al conseguimento della specializzazione. Dopodiché essere messi nell’organico».
Sul piano pratico cosa cambierebbe?
«Questa soluzione, rapportata alla situazione del Veneto dove abbiamo circa 600 specializzandi, avrebbe il duplice vantaggio di liberare numerose borse di studio – dai nostri calcoli circa 5mila a livello nazionale – per poter formare altri specialisti e nel giro di qualche anno colmare il gap che c’è attualmente. Abbiamo già formulato una proposta e la faremo pervenire nelle prossime ore al presidente Zaia. Poi vedremo, qualora non ci fossero abbastanza specialisti per coprire i posti vacanti in alcuni reparti, prenderemo in considerazione altre proposte».
La soluzione di avere medici neolaureati abilitati, che non frequentano gli ultimi anni di specializzazione, ma assunti con contratti a tempo indeterminato non vi convince?
«In verità ci lascia molto perplessi, non solo da un punto di vista legale per i rischi professionali a cui potrebbero andare incontro, ma anche assicurativo, perché in caso di incidente le compagnie non coprirebbero un danno fatto e creato da un medico non titolato ad essere in quel posto. Infine ritengo che la formazione debba essere fatta in collaborazione con università e Ordini dei medici per creare professionisti in grado di svolgere la loro attività in modo proficuo, con tutte le garanzie possibili».