Attenzione agli eccessi: «Esiste la sindrome del viaggiatore. Chi ne soffre può restare nello stesso luogo solo per brevi periodi. La necessità di viaggiare è così spiccata da poter essere paragonata a una vera e propria dipendenza»
È primavera, le vacanze pasquali sono alle porte, le misure di sicurezza per il contenimento dei contagi da Covid-19 sono state allentate. Il clima per programmare un vacanza, dunque, sembra quello ideale. Eppure, c’è chi ha paura di affrontare un viaggio, non solo per il timore di ammalarsi, ma anche per l’imprevedibile evoluzione della guerra esplosa in Ucraina.
«Se tuteliamo salute, sicurezza e benessere, adottando tutti i dispositivi di protezione che abbiamo a nostra disposizione, la paura è un atteggiamento del tutto disfunzionale, privo di logica – spiega Francesca Andronico, psicologa, psicoterapeuta, scrittrice e coordinatrice del network territoriale dell’Ordine degli Psicologi del Lazio -. In altre parole, non ha senso aver timore di ciò che non si ha il potere di controllare come, appunto, la curva dei contagi e l’evoluzione del conflitto bellico. L’unica cosa che si può e si deve fare è ricercare con attenzione tutte le informazioni che riguardano gli spostamenti che vorremmo compiere e le misure di sicurezza in vigore nel luogo che vorremmo visitare».
La programmazione del viaggio, infatti, è importante quasi quanto il viaggio stesso. E allora come fa, ognuno di noi, a scegliere la propria vacanza ideale? «Per progettare un viaggio bisogna innanzitutto capire quali sono le motivazioni che ci spingono a viaggiare – dice la psicoterapeuta -. C’è chi ha bisogno di relax, chi di divertimento, chi di spirito di avventura. Ancora, chi viaggia per perseguire un ideale, come accade durante i pellegrinaggi religiosi. Tali motivazioni sono strettamente connesse alle diverse fasi della vita e, pertanto, potranno variare nel tempo. Una volta individuato il motivo, il viaggio andrà tarato sulla personalità di chi si accinge ad affrontarlo», spiega la dottoressa Andronico, appassionata di psicologia del viaggio e coautrice del libro “Esperienze di viaggio. Il diario di un marinaio”.
Anche il mezzo scelto può rivelare qualche caratteristica del viaggiatore. «Chi sceglie un aereo per i suoi spostamenti punterà sulla velocità del mezzo di trasporto, privilegiando il tempo di permanenza nel luogo scelto, piuttosto che il tragitto affrontato per giungere a destinazione – commenta Andronico -. Per chi, al contrario, opterà per una nave, come ad esempio quelle da crociera, spostamenti e luoghi raggiunti avranno la medesima importanza ed entrambi dovranno essere goduti a pieno affinché la vacanza possa essere considerata ben riuscita».
In base alle peculiarità caratteriali di ognuno sarà possibile distinguere il viaggiatore dal turista. «Il turista è colui che sceglie le soluzioni più comode e confortevoli, quelle che gli permettano di godere del posto in cui soggiorna senza doversi mescolare alla popolazione del luogo, rimanendo in una posizione esterna e distaccata al contesto locale. Chi è viaggiatore, invece – sottolinea l’esperta-, lo è nell’anima: è dotato di spiccate abilità sociali, di un’ottima intelligenza emotiva ed è spinto dalla voglia di ricercare sempre nuove esperienze in grado di stimolare l’adrenalina. Il viaggiatore si fonde con la gente del posto, calandosi completamente nella realtà del luogo che visita».
Ma attenzione agli eccessi: esiste una vera e propria sindrome, quella di Wanderlust, non a caso definita sindrome del viaggiatore. «Chi ne soffre è in grado di soggiornare nello stesso luogo solo per brevi periodi. Il bisogno di spostarsi è intrinseco alla sua natura. Viaggiare è una necessità così spiccata da poter essere paragonata ad una vera e propria dipendenza – spiega Andronico –. Questi individui provano un forte disagio in condizioni di ordinaria routine, quotidianità dalla quale tentano di fuggire ad ogni costo, scegliendo, ad esempio, professioni che li costringano a continui spostamenti. In questo modo, la loro natura sarà soddisfatta e “giustificata” agli occhi altrui come un dovere di lavoro al quale non ci si può sottrarre».
Eccessi a parte, il viaggio è un’esperienza che tutti, prima o poi, dovrebbero fare nella vita. «Ognuno di noi, in base alle proprie possibilità, dovrebbe sperimentare questa dimensione. Viaggiare non significa necessariamente andare verso mete lontane. È sufficiente uscire dalla propria routine, dalla propria zona di confort, anche a pochi chilometri da casa per poterne sperimentare i benefici – commenta la psicologa -. I viaggi aprono la mente: esplorare dimensioni diverse rispetto a quelle a cui si è abituati nel quotidiano – conclude Andronico – aiuta a sviluppare la capacità di adattarsi a situazioni e contesti nuovi, migliora la cognizione e la flessibilità cognitiva».
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