Anna Sapino, direttore scientifico: «Il paziente ci “dona” il tumore per realizzare le biobanche di organoidi su cui si fa sperimentazione di nuovi farmaci». Gregorc, direttore oncologia medica «Fondamentale lo studio del microambiente e le caratteristiche immunologiche dei pazienti per giocare d’anticipo sul cancro»
La nuova frontiera per la ricerca e la cura del cancro ha nell’IRCCS di Candiolo la sua sede di eccellenza. È qui alle porte di Torino che da 26 anni si lavora per vincere la sfida. Oggi, grazie alla biobanca con il maggior numero di organoidi e una tecnologia all’avanguardia per la diagnosi e la cura dei tumori, è uno dei centri più quotati a livello internazionale, come racconta ai nostri microfoni il direttore scientifico Anna Sapino.
«L’Istituto si caratterizza con una forte integrazione della ricerca con la clinica – riferisce Sapino -, tanto è vero che l’IRCCS Candiolo conta sulla partecipazione diretta del paziente che “dona” il proprio tumore per gli studi. Quindi il nostro vantaggio è di avere modelli realizzati sul paziente e non su tessuti di cui non conosciamo l’origine. Tramite queste donazioni abbiamo potuto quindi realizzare le biobanche di organoidi, che sono veri e propri avatar del tumore su cui poi facciamo sperimentazione di nuovi farmaci, e valutiamo le alterazioni in considerazione della eterogeneità del singolo tumore, oltre che mettendo a confronto i tumori tra pazienti. Tutti questi studi hanno portato Candiolo ad essere riconosciuto come centro di eccellenza per la fase preclinica ed ora anche nella sperimentazione clinica con risultati che sono pubblicati su riviste internazionali».
Finanziato esclusivamente da fondi privati con la fondazione piemontese per la ricerca sul Cancro, l’IRCCS Candiolo vanta tra l’altro la sala operatoria intelligente più tecnologica d’Europa, e può contare su professionisti impegnati in una serie di studi sul tumore del colon, l’utilizzo della biopsia liquida e degli organoidi che hanno portato il nome di Candiolo e dell’Italia ai vertici della ricerca mondiale. «Dal punto di vista diagnostico – prosegue il direttore Scientifico – la risonanza magnetica multi-paramedica applicata all’interno di un percorso di intelligenza artificiale sui tumori della prostata è un’altra caratteristica distintiva del nostro istituto. E anche per lo studio dei tumori della mammella siamo tra i primi ad aver identificato una sottocategoria che si chiama ER2, attraverso una indagine sulla biopsia molecolare di questa tipologia di tumori, rappresentativa di coloro che probabilmente non rispondono ai trattamenti».
800 professionisti, per il 70% donne, sono impegnati quindi nella ricerca preclinica, traslazionale e clinica. L’obiettivo è ambizioso, individuare con dei test, i tumori prima che siano visibili con una tac o in una pet. A guidare questa nuova sfida è Vanesa Gregorc, direttore dell’Oncologia Medica: «Negli ultimi anni ci siamo resi conto che la partita contro il cancro non si può giocare solo studiando il tumore, in qualunque forma esso appaia – spiega – ma anche analizzando le caratteristiche dei pazienti, del microambiente in cui crescono e delle cellule tumorali, in particolare il rapporto che esse instaurano con il sistema immunitario. Per questo facciamo programmi di ricerca che durano dai due ai cinque anni, per capire come mai alcuni pazienti dopo le terapie si ammalano di nuovo e altri no.
C’è una squadra dedicata che studia ad esempio le caratteristiche del microambiente in cui si sviluppano le cellule tumorali e quali sono le caratteristiche immunologiche dei pazienti per cui in alcuni casi si sviluppano le recidive e altre volte no. Per ora abbiano fatto delle ipotesi che dovranno essere confermate per poi stabilire gli approcci terapeutici da mettere in atto per aiutare il paziente a non recidivare e far sì che la malattia non progredisca. Con il progetto Proactive, ad esempio, vogliamo migliorare e personalizzare la prevenzione terziaria dei tumori, quella che ci consente di individuare la malattia prima che si manifesti e prenda il sopravvento». Il futuro della ricerca sul cancro, dunque, passa per altre scienze.
«Grazie alla ricerca sul DNA circolante, ovvero le primissime tracce che il tumore rilascia nel sangue, è possibile prevedere lo sviluppo di un tumore molto tempo prima che diventi radiologicamente visibile. Una diagnosi molto precoce a cui si può arrivare con l’aiuto della genomica, ovvero del genoma del tumore; della proteomica, studio della struttura e della funzione delle proteine; della metabolomica, ovvero lo studio delle impronte chimiche lasciate da processi cellulari; e della radiomica, ovvero l’analisi di immagini mediche.
In questo modo è possibile battere il tumore sul tempo, e intercettare in alcune persone, famigliari dei pazienti, il rischio di sviluppare tumori ereditari. Una diagnosi precoce permette di avere maggiori possibilità di riuscire a sconfiggere la malattia. Ricerca e cura, quindi, viaggiano insieme ed è questa la filosofia che da sempre accompagna il lavoro degli specialisti che lavorano a Candiolo».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato