Tra gli ospiti del workshop il Magistrato del Tribunale di Roma Antonio Calaresu: «La violenza di genere è frutto del pregiudizio di genere; ha radici educative gravi e profonde. Ricordiamoci, noi genitori, di non fare distinzioni “di genere” nell’educazione dei figli»
Testimonianze di donne che hanno subìto violenze, letture di poesie, interventi. L’Ordine dei Medici di Roma ha dedicato un grande evento al tema della violenza sulle donne, una conferenza che ha avuto luogo presso la sala conferenze Roberto Lala della sede dell’OMCeO Roma.
La dottoressa Cristina Patrizi (Consigliere OMCeO Roma e medico di medicina generale) e la dottoressa Maria Rosaria Scalise hanno coordinato l’evento che si è aperto con la lettura di poesie e le proiezioni di toccanti testimonianze di donne che hanno subìto varie forme di violenza. Tra i vari relatori che si sono succeduti nel corso della giornata, spicca l’intervento del Magistrato del Tribunale di Roma Antonio Calaresu: «La violenza di genere è frutto del pregiudizio di genere; ha radici educative gravi e profonde. Ricordiamoci, noi genitori, di non fare distinzioni “di genere” nell’educazione dei figli e che le donne non sono soggetti deboli, semmai, più vulnerabili. È un errore etimologico che contiene il pregiudizio. Come si previene? Indagini brevi e misure cautelari».
Un workshop in cui era inevitabile parlare anche del tema delle aggressioni agli operatori sanitari, fenomeno che sempre più spesso coinvolge anche le donne dato che secondo i dati Inail sono coinvolte nel 70% delle aggressioni. Un evento che spinge molti camici bianchi oggetto di violenza a cercare giustizia in tribunale per ottenere risarcimento del danno biologico, morale e professionale.
Tutte le manifestazioni di violenza – fisiche e psicologiche – danneggiano le vittime e non tutte trovano la forza di denunciare gli aggressori e lasciare partner pericolosi. «Cercare di capire come possiamo aiutarle non è semplice» rivela la dottoressa Maria Rosaria Scalise nell’intervista a Sanità Informazione, in qualità di coordinatrice della Commissione Pari Opportunità dell’OMCeO di Roma. La dottoressa Scalise, medico psichiatra, indica i segnali d’allarme a cui tutte le donne devono prestare attenzione. Negli anni, le istituzioni sono state allertate e sensibilizzate su un fenomeno preoccupante e di difficile valutazione; ciononostante, c’è ancora tantissimo da fare».
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Dottoressa Scalise, il 25 novembre è stata istituita la giornata mondiale contro il femminicidio. Quali sono gli obiettivi dell’iniziativa organizzata dall’Ordine dei medici di Roma per arginare questo fenomeno anche dal punto di vista sanitario?
«Innanzitutto, bisogna fare in modo che il fenomeno venga conosciuto da tutti e indistintamente. Nel corso di questi sette anni in cui l’abbiamo sempre celebrato, noi abbiamo parlato sempre della prevenzione, di come riconoscere i comportamenti a rischio all’interno della coppia. La donna che si trova vicino ad una persona estremamente gelosa che la segue dappertutto, che le controlla tutto, è più facile che subisca una violenza. Succede molto spesso che si scambia la gelosia per un sentimento normale, ma a volte si tratta di persecutorietà, di una relazione fatta di interdipendenza – ambedue le persone sono imbrigliate in una gabbia in cui uno esercita la violenza e l’altro la subisce».
Quanto è importante stanziare risorse per progetti ed iniziative per combattere questo vergognoso fenomeno che ormai fa parte della nostra società?
«È importantissimo: troppe morti, quante ne fa una guerra. È un fenomeno in crescendo. Già due ne sono morte questo mese. Oggi abbiamo ribadito il nostro “no” anche alla violenza contro gli operatori sanitari. Credo che sia qualcosa che attraversa tutti, non ci sono figure professionali che possono dire di essere indenni da violenza e ingiurie verbali: dal signore che risponde al telefono, passando per chi è dietro ad un vetro fino ad arrivare agli insegnanti che sono derisi in classe e poi sui social. Le violenze, al giorno d’oggi, fanno parte della nostra quotidianità. Ed è su questo che dobbiamo soffermarci. Ognuno ha la sua professione ma la violenza riguarda tutti, è come l’acqua quando inizia a defluire ed infilarsi dappertutto».