Salute 17 Aprile 2023 11:59

Virus e batteri, Abrignani: «Attenzione, ma nessuna emergenza. In futuro? Sistemi di allerta e vaccini»

L’immunologo dell’Università Statale di Milano a Sanità informazione: «Messo a punto il centro anti pandemico dove un sistema di alert rileverà la presenza di virus anomali»

Virus e batteri, Abrignani: «Attenzione, ma nessuna emergenza. In futuro? Sistemi di allerta e vaccini»

È stato tra i primi a interrogarsi su come affinare le armi per contrastare virus e batteri, ha sostenuto la campagna vaccinale anti Covid-19 e gettato le basi per un  piano anti-pandemico della Lombardia, oggi il professor Sergio Abrignani – immunologo e docente dell’Università Statale di Milano – con Sanità Informazione fa il punto sull’emergenza passata, i nuovi virus e sul futuro che ci aspetta.

Professore dopo il Covid, oggi si sente parlare di West Nile, Candida Auris, aviaria… e per la prima volta di un fungo delle piante che ha infettato l’uomo, ci dobbiamo preoccupare?

«È  necessario tenere un livello di attenzione, ma nessuna preoccupazione. Si tratta di malattie infettive che non hanno le caratteristiche di una pandemia. Saranno sempre focolai focalizzati, quindi nessuna isteria. Con il West Nile la maggior parte delle persone si infetta senza neppure accorgersene, una minoranza ha delle complicanze. Per quanto riguarda il fungo della rosa si è trattato di un evento episodico neppure grave. Ma per la prima volta c’è stato un passaggio di specie dal mondo vegetale all’uomo, un spillover che deve essere studiato…».

Virus e batteri ci sono sempre stati, ma oggi se ne parla di più è l’effetto Covid?

«I cambiamenti climatici, gli stili di vita, hanno portato a rapidi spostamenti delle popolazioni da diverse parti del mondo e questo ha fatto sì che  virus come West Nile, Chikungunya si siano diffusi anche nel nostro paese. Qualcuno potrà avere delle complicanze, ma in generale quando parliamo della letalità di un microrganismo dobbiamo osservare gli effetti sulla sanità pubblica. Oggi questi virus e batteri richiedono attenzione, ma nulla a che vedere con ciò che abbiamo vissuto con il Covid che nel 2020 è arrivato ad un indice di mortalità dell’11 percento».

Il Covid oggi è superato?

«La sensazione è che ci sia uno sciame di variante Omicron che cambia ogni due o tre mesi, che dà meno patologie importanti. Tra i vaccinati la letalità di Omicron è di uno su 1200, come l’influenza stagionale, mentre tra i non vaccinati di uno su 250. Molto meno dunque delle precedenti Wuhan, Alfa, Delta che colpivano meno ma facevano più morti. Se dovesse rimanere Omicron che è super diffusiva (ha un indice di contagiosità R0 intorno a 16), ma bassa letalità, le uniche persone da proteggere sarebbero i fragili e ultrasessantacinquenni con pluri comorbidità».

Nel frattempo, però è stato messo a punto un centro anti-pandemico in Lombardia…

«Ho partecipato con il professor Andrea Gori (direttore dell’unità operativa delle  malattie infettive del Policlinico di Milano) ed un gruppo di infettivologi, rianimatori, virologi alla realizzazione di un documento dove è stato indicato tutto ciò che non aveva funzionato nel 2020 durante la prima ondata della pandemia, in modo scientifico, senza accusare nessuno. Ad ogni voce abbiamo scritto vicino cosa fare se dovesse accadere un’altra pandemia; quindi, abbiamo presentato il documento a Regione Lombardia».

Tra le correzioni da apportare, quali le prioritarie?

«Sicuramente l’intelligenza alert. Un sistema che sfrutta l’intelligenza artificiale per riconoscere situazioni anomale negli ospedali. Questo sarebbe stato molto utile nel 2020 se già a gennaio  quando nelle terapie intensive degli ospedali c’erano molte polmoniti bilaterali atipiche senza diagnosi fosse scattato l’allerta. Oggi se dovesse verificarsi una situazione simile ci sarebbe un sistema di intelligenza artificiale in grado di  segnalare alla Regione i casi e permetterebbe al centro anti-pandemico di attivarsi».

Infodemia: come si combatterà nel prossimo piano anti-pandemico?

«C’è una parte nell’organizzazione che prende in esame proprio le strategie comunicative. È un modo per far capire che tante cose non hanno funzionato, ma stiamo lavorando sui correttivi. Il Covid oggi ha trovato il suo equilibrio, si diffonde ancora molto e uccide poco. Le mutazioni danno un vantaggio nella diffusione che è il suo obiettivo, ma non nella letalità che è diminuita molto grazie al fatto che oggi circa l’80 percento delle persone sono vaccinate o sono state infettate».

A proposito di strategie comunicative e di futuro, oggi si parla di vaccino contro il cancro entro il 2030 è proprio così?

«In questo caso non si tratta di vaccini preventivi, ma di terapie che coniugano la tecnologia a mRna  all’immunoterapia. Quindi devono essere somministrati a pazienti già malati, non a soggetti sani per evitare la malattia. La tecnologia a mRna permetterà di creare vaccini personalizzati in grado di andare a colpire solo le cellule malate, preservando quelle sane».

 

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