Secondo la Simit, se il virus continuerà a circolare una nuova ondata è molto probabile. Ranieri Guerra (Oms) paragona il Covid con la spagnola, che tornò in autunno uccidendo 50 milioni di persone. Ma dieci esperti sostengono l’indebolimento del virus
«Il virus è ancora tra noi e il rischio che si verifichi una seconda ondata pandemica è elevato». Questo il monito di Giovanni Rezza, direttore Prevenzione del ministero della Salute, in apertura del webinar “Covid-19 Updates”, gli “Stati generali dell’Infettivologia”.
«Il virus è ancora perfettamente in grado di infettare e far ammalare le persone, anche gravemente, come dimostrano i dati che ci arrivano da altre parti del mondo – rincara la dose Marcello Tavio, presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) -. Se si lascia libero di agire e non si adottano le contromisure richieste, si ripeterà quanto già visto durante la Fase Uno. Occorre quindi adottare sempre degli accorgimenti difensivi appropriati: igiene delle mani, utilizzo della mascherina e distanziamento “spaziale a socialità conservata”, che potremmo per l’occasione definire “di sicurezza”. Parliamo dopotutto di tre comportamenti semplici, facili da attuare e molto efficaci, come il periodo del lockdown ci ha dimostrato».
«Se il virus continuerà a circolare – spiega Tavio – una nuova ondata non solo non sarà impossibile, ma addirittura molto probabile. In assenza di un vaccino efficace, sicuro e largamente disponibile dobbiamo impegnarci tutti per impedire che i focolai epidemici che si verificheranno nel prossimo autunno si saldino fra di loro per creare una nuova ondata epidemica, con il rischio di dover riproporre le drastiche misure di contenimento adottate durante il lockdown. Ecco perché i dati favorevoli che stiamo accumulando sull’andamento dell’epidemia non devono essere interpretati come un liberi tutti».
Affermazioni cui si aggiunge il paragone fatto da Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Organizzazione mondiale della sanità per le iniziative strategiche, con l’influenza spagnola, «che si comportò esattamente come il Covid», ha detto questa mattina ad Agorà. «Andò giù in estate e riprese ferocemente a settembre e ottobre, facendo 50 milioni di morti durante la seconda ondata».
Eppure proprio l’Oms qualche giorno fa sembrava aver lanciato una tregua, stabilendo che dopo tre giorni senza sintomi i pazienti Covid potessero ritenersi guariti, anche senza la negatività del doppio tampone. «Le limitazioni sono legate alla scarsa capacità di procedere nei test in alcuni Paesi – spiega Massimo Galli, past president SIMIT –. Pur essendo verosimile che gran parte delle persone che hanno una bassa positività del tampone dopo un lungo periodo di malattia non producano più virus infettante, evidentemente questo non ha sicura controprova nella pratica».
Ma poi c’è il fronte opposto, quello degli esperti che sostengono l’indebolimento del virus, secondo i quali chi si ammala oggi di Covid-19 ha meno rischi di aggravarsi perché il virus ha una carica virale più debole ed è meno contagioso. Questa la tesi dei dieci autori di una lettera comparsa qualche giorno fa su Il Giornale: Alberto Zangrillo, Matteo Bassetti, Arnaldo Caruso, Massimo Clementi, Luciano Gattinoni, Donato Greco, Luca Lorini, Giorgio Palù, Giuseppe Remuzzi e Roberto Rigoldi. Un insieme di virologi, anestesisti ed epidemiologi che evidenziano «il crollo inequivocabile dei malati con sintomi e dei ricoveri in ospedale» e l’aumento dei casi «debolmente positivi», non più contagiosi e inutilmente in isolamento.
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