Stanchezza, dolori, depressione, difficoltà a camminare, perdita di gusto e olfatto: sono alcuni dei sintomi più comuni del long Covid, raccontati da giovani dai 13 anni in su
Gli effetti del Covid spesso non si esauriscono con la negativizzazione del paziente. Proprio uno studio inglese pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet Child & Adolescent Health ha preso in esame il cosiddetto long Covid, ovvero l’insieme di sintomi che permangono ben oltre la guarigione della malattia, ed ha evidenziato che questo fenomeno si manifesta anche nei più giovani e negli asintomatici. Su 1734 soggetti positivi di età compresa tra i 5 e i 17 anni, è emerso che mentre la durata media della malattia è di 6 giorni, i sintomi del long Covid permangono a lungo: l’84% dei casi ha dichiarato di avere un affaticamento muscolare, mentre nel 77,9% mal di testa e perdita dell’olfatto.
Intanto in Italia grazie ai social molti pazienti hanno potuto confrontarsi, dialogare e scoprire di non essere soli. Ne è nata una pagina Facebook “Noi che il Covid lo abbiamo sconfitto” che conta 19500 iscritti e dove la parola d’ordine è sostegno per uscire dal tunnel della malattia.
Ad avere avuto l’intuizione di creare una piazza virtuale per gli ex pazienti Covid è stata Morena Colombi, 60 anni, che nel marzo del 2020 si è ammalata di Covid: dopo avere sconfitto una polmonite bilaterale interstiziale che l’ha portata fino all’anticamera della terapia intensiva, si è negativizzata ma con conseguenze che ancora oggi condizionano la sua vita.
«Da subito ho riscontrato una stanchezza cronica, con dolori muscolari e articolari, dispnea e rash cutanei, e poi a seguire gli altri sintomi che ancora oggi permangono. L’idea della pagina Facebook è nata perché dopo aver avuto rassicurazioni dal medico di base che quei fastidiosi effetti collaterali del Covid sarebbero spariti nel giro di qualche settimana; invece, mi sono resa conto che dopo due mesi ancora non avevano abbandonato il mio corpo, ma anzi la situazione era peggiorata. Disperata ho deciso di lanciare un appello sui social per capire se altre persone stavano nelle mie condizioni. Nel giro di pochi giorni si sono iscritte centinaia di persone ed oggi siamo quasi ventimila».
Molti i giovani, in particolare nella seconda ondata, che hanno denunciato gli effetti del long Covid, come Viviana, 19 anni di Crema, che racconta: «A distanza di mesi dalla malattia che ho contratto nel mese di marzo 2021 sfociata in una infezione polmonare, tutt’ora ho mal di testa, spossatezza, difficoltà di concentrazione e bruciore agli occhi che non mi permettono di studiare, ma soprattutto un dolore al polmone sinistro che persiste. Ho fatto una risonanza magnetica da cui non si evidenzia nulla, eppure io ho ancora dolori forti e, facendo pressione sul polmone, si percepisce la presenza di rigonfiamenti simili a palline a cui nessuno però riesce a dare un nome e una spiegazione».
Dolore e frustrazione per Viviana che non trova risposte dalla scienza, ed è costretta ad una vita in salita nell’attesa del vaccino. «Tra una settimana farò la prima dose e spero che qualcosa migliori – ci confida – perché vorrei ritornare a vivere».
Silvia, 31 anni di Treviso, dopo una malattia con pochi sintomi riscontra la presenza costante di febbre a 37,5 che non passa mai. Nonostante le rassicurazioni del medico, non riesce a riprendersi e, dopo due mesi di persistente spossatezza accompagnata da una temperatura elevata, si sottopone ad una serie di esami da cui emerge un quadro clinico apparentemente nella norma.
«A fine maggio una visita mette in luce però uno stato infiammatorio ai condotti uditivi, mentre un mese più tardi arriva la doccia fredda: subentra uno stato invalidante che perdura ancora oggi con gambe rigide e lividi sugli arti. Da giugno la situazione peggiora ulteriormente e da luglio non riesco a camminare da sola. Ho dolore continuo e la sensazione di bruciore interno; eppure, gli esami non evidenziano danni a nervi o muscoli. Il neurologo che mi ha visitato ha detto che bisogna avere il coraggio di dire che il Covid non se ne va, il paziente si negativizza ma in realtà lo stato debilitante resta perché il virus si è annidato nell’organismo creando uno stato infiammatorio persistente e non si sa ancora come debellarlo».
Gaia, 23 anni, vive a Lecce e fino allo scorso mese di marzo era una ragazza impegnata nello studio e nel lavoro. Poi con l’arrivo del Covid il 30 marzo perde gusto e olfatto e la temperatura scende fino a 33 gradi. «Sono scivolata in uno stadio di ipotermia – racconta – ma dopo 19 giorni mi sono negativizzata e tutto sembrava essere tornato nella norma. Invece, un mese più tardi è sopraggiunto uno stato di stanchezza, depressione, perdita dei capelli e mal di testa con cali di memoria che hanno rischiato di compromettere i miei esami scolastici. In tutto ciò non resta traccia nel sistema immunitario che è completamente privo di anticorpi contro il Covid. Mentre la pressione sale, il ferro precipita e sono costretta a fare delle cure».
«Ho 20 anni ma con un corpo di una ottantenne – lamenta – e in tutto questo non c’è alcun supporto dal Sistema sanitario nazionale. Avevamo un centro per la cura del long Covid a San Cesareo, ma con l’arrivo dell’estate è stato chiuso ed oggi chi si vuol curare deve farlo privatamente. Io ho consultato specialisti di ogni genere, ma non vedo per ora grandi miglioramenti. Sono devastata, fortunatamente ci sono i ragazzi del gruppo che nei momenti peggiori mi sostengono».
Anche Michela lamenta stanchezza e spossatezza a distanza di mesi dal virus che l’ha portata in terapia sub intensiva per cinque settimane per una polmonite severa. Miglior sorte per il marito e i due bambini di 9 e 13 anni che attraversano l’incubo del Covid da asintomatici. Eppure, a distanza di mesi sono loro ad avere ancora problemi.
«Il mio bambino di tredici anni non ha più l’olfatto e il gusto è alterato – spiega Michela –. Il problema emerge a fine giugno quando mangiando una pizza Luca lamenta un sapore alterato che da quel momento non l’ha più abbandonato. Ora mi chiede quando potrà ancora sentire i sapori dei cibi che tanto gli piacevano ed io dinnanzi a quella domanda resto senza risposta».
Stessa sorte per Gloria, 31 anni di Milano che, dopo aver superato la malattia nel mese di marzo 2021, a distanza di qualche mese ha iniziato ad avere dei vuoti mentali durante il lavoro fino a non riuscire più a reggere i ritmi che sosteneva in precedenza.
Una condizione che si aggrava quando in Gloria subentra uno stato di insonnia permanente e di tachicardia che condiziona la sua quotidianità e la costringe a prendere dei betabloccanti e a rivolgersi all’ospedale Sacco dove è attivo il progetto di studio dei pazienti con effetti long Covid. «Non sono mai stata una grande sportiva, ma mi piace camminare e fare jogging ogni tanto. Ora non riesco più. Al Sacco tengono monitorata la mia tachicardia per capire se è di origine polmonare o meno. Ad ottobre avrò il prossimo follow up che prevede anche una risonanza magnetica all’encefalo e una visita neurologica per approfondire la questione della perdita della memoria».
«Astenia e importanti deficit di deambulazione con disturbi dell’equilibrio sono solo alcuni dei danni che permangono nei pazienti reduci dal Covid – spiega Armando Andreoli, direttore dell’Unità Operativa della Riabilitazione Specialistica dell’Ospedale Luigi Sacco -. Senza dimenticare la sindrome depressiva che interessa molti di coloro che sono stati intubati e pronati. Hanno avuto, di conseguenza, un condizionamento di tutto il fisico. Devono quindi essere riportati ad una normalità. Un po’ come accade in un atleta infortunato su cui occorre lavorare a 360 gradi con un percorso di sartoria riabilitativa. Da questo punto di vista abbiamo allestito un team guidato da un fisiatra esperto, il dottor Fabrizio Gervasoni, che con una strumentazione avanzata ha messo a punto una terapia robotica sul paziente».
«I pazienti con sindrome post Covid hanno la percezione che qualcosa non funzioni più come prima nel cammino o nell’esecuzione delle attività di vita quotidiana. Questi disturbi possono interessare anche coloro che hanno avuto un decorso della malattia paucisintomatico», conclude Gervasoni.
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