Il presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica: «Lo stop a screening e interventi potrebbe portare all’identificazione di patologie oncologiche con una diagnosi più avanzata, una prognosi inferiore e un costo terapeutico più alto». Ma la sopravvivenza dei pazienti è arrivata al 60%, tra le più alte in Europa
Oggi, 4 febbraio, si celebra la Giornata Mondiale contro il cancro 2021 sostenuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per sensibilizzare la popolazione sull’importanza di un’informazione corretta, della prevenzione e della diagnosi precoce per combattere una delle sfide più dure di tutti i tempi.
L’emergenza sanitaria di Covid-19 ha imposto un’improvvisa riorganizzazione di strutture, servizi e attività del personale sanitario, occupato nella presa in carico di pazienti affetti dal coronavirus e causato il rinvio di molte prestazioni oncologiche, anche per il timore di andare in ospedale e rischiare di contagiarsi.
Le conseguenze di tutto questo in oncologia saranno valutabili, con certezza, solo nei prossimi mesi e anni. «Non sappiamo ancora quanto la pandemia impatterà sulla sopravvivenza, ci vorrà parecchio tempo per scoprirlo – precisa Giordano Beretta, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) in un’intervista a Sanità Informazione -. Quel che è certo, è che il rinvio di alcuni interventi chirurgici legati al fatto che le sale operatorie erano diventate terapie intensive e il blocco degli screening per non mettere a rischio i pazienti sani, ma anche per problematiche organizzative, potrebbero avere come effetto l’identificazione di patologie oncologiche con una diagnosi più avanzata e quindi con una prognosi inferiore, e con un costo terapeutico più alto».
I dati evidenziano che nel 2020 ci sono state circa 377 mila nuove diagnosi di cancro e circa 183mila decessi, una vera e propria emergenza quotidiana: «Parliamo di circa mille diagnosi e circa cinquecento morti al giorno. I numeri che vediamo oggi per il Covid-19 e che spaventano così tanto, il cancro ce li ha da sempre» sottolinea Beretta.
La bella notizia, però, è che grazie alla ricerca scientifica e alle nuove cure la situazione negli anni è sicuramente migliorata: «La sopravvivenza dei pazienti affetti da cancro arriva intorno al 60%, precisamente il 54% per i maschi e il 63% per le femmine».
Stiamo parlando di una delle sopravvivenze più alte in Europa. Un risultato che è stato possibile ottenere grazie a due fattori: «Il riscontro di malattie in fase iniziale – spiega Beretta – grazie agli esami di screening e il miglioramento delle terapie e dei programmi terapeutici. Questi ultimi – aggiunge il presidente – possono contare oggi sulla competenza di team multidisciplinari e su diagnostiche e farmaci migliori».
I dati indicano un costante aumento del numero degli italiani che vivono dopo una diagnosi di tumore: «Il numero di pazienti in Italia che hanno avuto una diagnosi di cancro e sono tuttora vivi è di circa tre milioni e seicentomila, siamo intorno al 5,7% della popolazione – evidenzia il presidente Beretta -. Di questi, 2 milioni e quattrocento mila sono vivi da più di 5 anni e una quota di questi malati, quasi un milione, si può considerare guarita perché ha raggiunto la stessa possibilità di sopravvivenza di chi il cancro non ce l’ha mai avuto».
E se questa è la situazione dal punto di vista epidemiologico, anche in ambito terapeutico si registrano successi dovuti al fatto di «lavorare in multidisciplinarietà – continua Beretta -. Chirurgo, radioterapista e oncologo lavorano tutti insieme con le diverse competenze e hanno disponibilità di farmaci più efficaci. Alcuni sono basati sul bersaglio molecolare – spiega – che consente risultati migliori rispetto a una terapia più generica».
C’è poi l’immunoterapia «che non sempre dà enormi benefici di sopravvivenza mediana, – cioè 50 pazienti su 100 – ma dà sicuramente un vantaggio di sopravvivenza a lungo termine. Ci sono pazienti che a cinque anni dalla diagnosi sono ancora vivi con malattia metastatica: in passato, non sarebbero sopravvissuti».
Le richieste dell’Aiom, infine, sono chiare: «Chiediamo che ripartano immediatamente gli screening e che vengano creati percorsi separati tra i pazienti positivi al Covid e sani per evitare che in futuro, qualora ci fosse una terza ondata, ci si trovi di fronte alla necessità di sospendere attività fondamentali per i pazienti per poter continuare a curare anche le malattie oncologiche e non solo il Covid-19».
Nelle malattie oncologiche, infatti, il tempo è importante: «Sospendere o ritardare visite e controlli può non rappresentare un danno immediato in termini di mortalità perché potremmo riuscire a recuperare questi pazienti, ma molto probabilmente saranno in una condizione più avanzata di malattia, richiederanno trattamenti più impegnativi e avranno una prognosi inferiore» conclude il presidente Aiom.
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