L’Ateneo romano ha ospitato uno dei forum più importanti al mondo per la salute globale, per la prima volta in Italia. La ministra Messa: «Mettere i risultati della ricerca al servizio del cittadino e del SSN perché diano l’indirizzo su come organizzare il sistema salute»
Il World Health Summit è stato istituito nel 2009 in occasione del 300° anniversario dell’Ospedale Charité di Berlino. Si svolge, tradizionalmente, sotto il patrocinio del Cancelliere tedesco, del Presidente della Repubblica francese, del Presidente della Commissione europea e del Direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Quest’anno, ad ospitare il prestigioso evento sulla salute globale, l’Aula Magna del Rettorato dell’Università Sapienza di Roma. La manifestazione è stata promossa dalla rete M8 Alliance of Academic Health Centers, composta da 30 membri in 20 paesi. Un network di importanti centri sanitari accademici, università e istituti di ricerca di tutto il mondo.
Il Regional Meeting del World Health Summit raccoglie annualmente i leader della politica, della scienza e della medicina, del settore pubblico e privato e della società civile, per stabilire l’agenda per un futuro con più salute per tutti. Quest’anno, hanno partecipato più di cento scienziati ed esperti mondiali. Un continuo e proficuo confronto per raggiungere un solo obiettivo: migliorare la salute di tutto il pianeta e lo sviluppo di soluzioni scientifiche alle sfide sanitarie. Tanti i temi affrontati durante la tre giorni: sviluppo e politiche dei vaccini, sfide e strategie dei sistemi sanitari, nuove tecnologie e terapie personalizzate e nuove frontiere nella promozione dell’assistenza sanitaria.
«È un onore aver ospitato questo grande evento in Sapienza – ha detto la Rettrice Antonella Polimeni ai nostri microfoni -. La salute deve essere concepita come una strategia di investimento e non un costo. La salute al centro con la ricerca, l’innovazione e la formazione». Come guidare l’agenda di domani? «Con il rafforzamento della medicina territoriale che all’evidenza, proprio in questi ultimi due anni, ha dimostrato tutti i suoi vulnus e le sue mancanze. Oltre al dibattito sui vaccini, sulle innovazioni tecnologiche tra cui la telemedicina, perfettamente integrata con le progettualità della medicina territoriale» ha aggiunto.
La visione del World Health Summit è raggiungere l’ambizioso obiettivo di potenziamento della salute globale attraverso la collaborazione e il dialogo aperto. «Abbiamo cercato di invitare tutti i portatori di interesse del settore pubblico e privato per una visione a 360 gradi – ha specificato Daniela De Biase, Segretario scientifico del comitato World Health Summit Regional Meeting -. Abbiamo scelto di concentrarci sulla fiducia, l’esitanza vaccinale e lo sviluppo di nuovi vaccini con speaker del settore privato come Moderna e aziende che hanno collaborato con AstraZeneca».
Il forum è riuscito ad aprire gli orizzonti «mettendo a confronto in maniera strutturata tanti scienziati che lavorano in paesi diversi – ha continuato Walter Ricciardi, consigliere del ministro Speranza. L’unica possibilità che noi abbiamo di fronteggiare le sfide sanitarie è fare rete, come abbiamo fatto nel 2020 con il Covid. Ci sono purtroppo, nuovi problemi, come il vaiolo delle scimmie. La grande mobilità e il grande affollamento determinano la predisposizione verso questi fenomeni. E questi incontri servono a prepararsi».
L’Italia ha ruolo di primo piano, nella ricerca scientifica e anche sui vaccini. «Un paese all’avanguardia per la qualità dei ricercatori. Purtroppo, non lo è per i finanziamenti e la numerosità dei ricercatori. Ci confrontiamo con Germania e Francia che hanno il doppio, il triplo dei ricercatori. È una cosa che la politica italiana non ha capito pienamente».
Anche Maria Cristina Messa, ministra dell’Università e della ricerca, ha ricordato l’importanza della ricerca scientifica per il buon funzionamento del sistema salute. «Eventi come questo permettono di decidere le policy future per prepararci a nuove pandemie e, in generale, a un mondo della salute che cambia. Cambiano le esigenze e il modo in cui dobbiamo organizzarci». Il punto fondamentale, secondo la ministra, «è mettere al servizio del cittadino e del SSN i risultati della ricerca di laboratorio ma anche di grandi network. Favorirli, perché diano l’indirizzo su come organizzare il sistema salute». Ma qual è stato il ruolo e il contributo delle università e della ricerca durante la pandemia? «L’Italia è il terzo paese al mondo per numero di pubblicazioni scientifiche sul Covid. Non abbiamo prodotto il vaccino in Italia ma sicuramente abbiamo portato molti dati sia per l’aspetto diagnostico che per i trials clinici. Ancora adesso stiamo cercando farmaci contro il Covid».
Poi, la ministra ha spiegato come organizzare la sanità del futuro, anche in vista di eventuali nuove pandemie. «Io credo che vadano messe insieme le forze migliori. Si formerà l’hub vaccinale del ministero della salute a Siena. Diventerà il luogo della trasformazione dalla ricerca al vaccino. Noi abbiamo già assegnato un centro nazionale sulle tecnologie a mRNA e terapia genica per farsi trovare pronti di fronte a varianti, nuovi virus, batteri e malattie emergenti».
L’Italia, dunque, in prima linea nella ricerca di terapie e farmaci per contrastare nuove sfide e malattie. «Credo che l’Italia abbia tutte le carte in regola, non dimentichiamoci che nel nostro paese sono nati gli IRCCS, la cura basata sulla ricerca con immediato trasferimento al paziente. Quello che è mancato? La rete e la forza. Non bastano piccoli centri bisogna investire milioni di euro» ha concluso.
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