Numerose le novità che arrivano dal mondo sulla gestione della pandemia. Il Regno Unito abolisce l’obbligo dei tamponi per chi viaggia. A New York, invece, un giudice revoca l’obbligo di indossare la mascherina e in Israele si raccomanda la quarta dose per tutti. Mentre l’Unicef lancia l’allarme per la perdita «quasi insormontabile» per la scolarizzazione dei bambini.
La diffusione del virus Sars-CoV-2 evolve e con essa anche le strategie dei governi di vari paesi per affrontare la pandemia. Nel Regno Unito è stata annunciata l’abolizione, a partire dal prossimo 11 febbraio, dell’obbligo di tampone per chi viaggia in Inghilterra. Si tratta di un cambiamento, molto atteso dall’industria del turismo e dai vettori aerei, dopo molti mesi segnati dal vincolo del tampone negativo.
Il Regno Unito aveva già alleggerito la prescrizione a inizio anno, con l’abolizione del doppio test molecolare imposto ai viaggiatori sulla scia dell’allerta Omicron e la sua sostituzione con un semplice test antigenico entro il secondo giorno dopo l’arrivo. Dall’11 febbraio anche questo non sarà più necessario, ha sottolineato il ministro dei Trasporti britannico, Grant Shapps, alla Camera dei Comuni, aggiungendo che per ora resta in vigore solo la compilazione del formulario digitale (locator form) introdotto fin dall’inizio della pandemia per verificare dati e status dei passeggeri rispetto all’infezione.
Nel frattempo, negli Stati Uniti, un giudice di New York ha invalidato l’ordinanza dell’amministrazione cittadina sull’obbligatorietà dell’uso delle mascherine. L’obbligo era stato deciso in inverno di fronte al dilagare dei contagi in un momento in cui comunque la Grande Mela non si trovava in stato di emergenza. Dunque, secondo il giudice Thomas Rademaker, della Corte suprema dello Stato di New York a Long Island, «nonostante le buone intenzioni» l’amministrazione locale non aveva il potere per imporre una simile decisione che sarebbe spettata solo alle autorità statali. Di conseguenza, l’ordinanza – che sarebbe dovuta restare in vigore fino al primo febbraio – ora non è più in vigore.
Israele, invece, continua a puntare sulla vaccinazione. Tanto che l’organismo che coordina la gestione della pandemia e la commissione per i vaccini raccomanda di procedere con una quarta dose di vaccino antiCovid per tutti i cittadini di età compresa tra i 18 e i 60 anni. L’indicazione relativa al nuovo booster riguarda le persone guarite o che abbiano ricevuto la terza dose da almeno 5 mesi. Il via libera è arrivato dopo l’analisi dei dati relativi all’effetto della quarta dose: la protezione contro la malattia grave aumenta di 3-5 volte e la protezione dall’infezione raddoppia rispetto allo scudo prodotto da 3 dosi.
I dati inizialmente diffusi dal ministero della Salute hanno evidenziato che la quarta dose offre una protezione particolarmente valida agli over 60, i soggetti più a rischio dal punto di vista anagrafico. Il quadro è stato delineato osservando gli effetti su 400mila persone che hanno ricevuto la quarta dose e 600mila che hanno ricevuto la terza almeno 4 mesi fa. La raccomandazione odierna deve ottenere l’approvazione della direzione generale del ministero della Salute.
Nonostante l’evoluzione della pandemia e delle misure di contrasto, rimane irrisolto il nodo cruciale delle scuole. Gli effetti sono già visibili e drammatici. Secondo l’Unicef, nel mondo ci sarebbero più di 635 milioni di studenti colpiti dalla chiusura totale o parziale delle scuole. «A marzo, segneremo due anni di interruzioni dell’istruzione globale legate al Covid-19», ha dichiarato Robert Jenkins, responsabile Unicef per l’istruzione. «Semplicemente, stiamo assistendo a una perdita di scala quasi insormontabile per la scolarizzazione dei bambini. Le interruzioni dell’apprendimento – continua – devono finire, ma la semplice riapertura delle scuole non è sufficiente.
Gli studenti hanno bisogno di un supporto intensivo per recuperare l’istruzione persa». Nei paesi a basso e medio reddito, le perdite di apprendimento dovute alla chiusura delle scuole, secondo l’Unicef, hanno lasciato fino al 70% dei bambini di 10 anni incapaci di leggere o capire un testo semplice, rispetto al 53% di prima della pandemia. Circa 400.000/500.000 studenti avrebbero abbandonato del tutto la scuola tra marzo 2020 e luglio 2021. Più di 370 milioni di bambini nel mondo hanno perso i pasti scolastici durante la chiusura delle scuole che per alcuni bambini è l’unica fonte affidabile di cibo e nutrizione quotidiana.
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