All’Assemblea mondiale della Sanità, il dg Oms Ghebreyesus non consola. Si può e si deve fare di più per la distribuzione equa dei vaccini, per il progetto Covax e per gli operatori sanitari del mondo intero. «Chi vaccina gruppi non a rischio ora lo fa a danno di chi ha bisogno nei paesi più poveri»
Il duro lavoro di tanti, la situazione ancora problematica per la pandemia e il dovere di diffondere i vaccini anche in quei Paesi che non hanno abbastanza risorse per acquistarli. Sono stati questi gli argomenti al centro del discorso di apertura dell’Assemblea mondiale della Sanità, tenuto dal direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus.
A 17 mesi dall’inizio della pandemia, abbiamo perso 115mila operatori della sanità e il mondo è ancora in una situazione pericolosa. I casi e i decessi sono stati di più del 2020 solo in questa prima parte dell’anno, ha ricordato il Dg, che ha chiarito: «Secondo le tendenze attuali, il numero di decessi supererà il totale dello scorso anno entro le prossime tre settimane». La fine di questo virus è strettamente legata con il controllo della situazione in ogni singolo Paese, non soltanto nei più ricchi.
Ghebreyesus non ha esitato a riaprire la discussione sui vaccini, definendo la crisi che ne è derivata «una scandalosa iniquità che perpetua la pandemia». A settembre ci dovrà essere una spinta forte per portare almeno il 10% della popolazione di ogni Paese ad essere vaccinato, che dovrebbe arrivare al 30% entro dicembre, ricalcando la proposta dell’Imf (International Monetary Fund) di vaccinare entro la metà del 2022 il 60% della popolazione.
Covax, il programma internazionale di accesso equo ai vaccini sostenuto dall’Oms, è ancora indietro rispetto a quanto si sperava di raggiungere in questa data. Nonostante la decisione sui brevetti, ad oggi sono state spedite 70 milioni di dosi in 124 Paesi, nemmeno lo 0,5% della popolazione totale. I pochi che invece producono e acquistano i vaccini controllano il destino di tutto il mondo. «I Paesi che vaccinano i gruppi a basso rischio ora lo fanno a spese degli operatori sanitari e dei gruppi ad alto rischio in altri Paesi» ha sentenziato con forza Ghebreyesus. Infine ha ringraziato gli Stati Uniti per aver donato 4 miliardi di dollari a Covax e averne promessi 80 milioni di dosi globalmente.
La situazione epidemiologica per ora rimane stabile: delle varianti di SarS-CoV-2 emerse nei mesi scorsi, nessuna per ora sembra intaccare l’efficacia dei vaccini, dei metodi di diagnosi e delle terapie farmacologiche approvate. Non c’è però, ricorda il Dg Oms, alcuna certezza che le cose continuino così. Quella della pandemia è una corsa contro il tempo, una battaglia che dobbiamo vincere riducendo la diffusione del virus in ogni modo.
«Tre le esigenze chiave: finanziare completamente ACT Accelerator, condividere le dosi di vaccino e aumentarne la produzione». Ogni Paese, nessuno escluso, può fare di più nel monitoraggio, nel sequenziamento, nella responsabilizzazione delle comunità, nelle strategie vaccinali e nella lotta alla disinformazione.
Questa, ha aggiunto Ghebreyesus, deve essere l’ultima volta che ci facciamo cogliere impreparati da un fenomeno così devastante. Prevenire lottando contro povertà, sovraffollamento, mancanza di cibo e acqua pulita e carenza di operatori sanitari sono la base per un problema che potrebbe ripresentarsi ancora. Il rapporto a medio termine dell’Oms 20-21 mostra come la metà della popolazione mondiale ancora non abbia accesso ai servizi sanitari essenziali.
L’ACT Accelerator, il programma pilota Universal Health and Preparedness Review e i piani per l’hub dell’OMS per l’intelligence pandemica ed epidemica a Berlino, l’Accademia dell’OMS e il BioHub dell’OMS in Svizzera sono esempi delle piattaforme necessarie per colmare le lacune.
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