Negli Stati Uniti è in corso uno scontro tra medici e la National Rifle Association, l’organizzazione a favore dei detentori di armi da fuoco. Dopo la pubblicazione di una serie di studi sulle ferite e le morti da armi da fuoco sulla rivista Annals of Internal Medicine, la NRA ha chiesto ai medici in un […]
Negli Stati Uniti è in corso uno scontro tra medici e la National Rifle Association, l’organizzazione a favore dei detentori di armi da fuoco. Dopo la pubblicazione di una serie di studi sulle ferite e le morti da armi da fuoco sulla rivista Annals of Internal Medicine, la NRA ha chiesto ai medici in un tweet per «restare al proprio posto». Il social network è stato quindi sommerso di foto pubblicate dai medici che mostrano camici insanguinati e sale operatorie coperte di sangue, effetto degli interventi su feriti da armi da fuoco. Tutti corredati dall’hashtag #ThisIsMyLane (Questo è il mio posto).
Il problema delle stragi e della detenzione delle armi negli Stati Uniti è noto a tutti. Ed è proprio di poche ore fa la notizia dell’ennesima sparatoria, questa volta proprio in un ospedale di Chicago, costata la vita ad una dottoressa, un’infermiera, un poliziotto ed il killer, ucciso dalla polizia intervenuta sulla scena. Il personale sanitario ha cercato di rispondere alla crisi chiudendo i pazienti nei reparti, ma molti hanno cercato di scappare, compresi, secondo i media locali, alcuni malati con le sedie a rotelle.
Ma oltre alla protesta social contro la NRA, si è mobilitato anche l’Annals of Internal Medicine, con un editoriale a firma della presidente dell’American College of Physicians’ Health and Policy Committee Sue Bornstein, la direttrice della rivista Christine Laine e l’editore Darren Taichman. Oltre ad evidenziare nuovamente le gravi conseguenze per la salute delle ferite da armi da fuoco, l’editoriale sottolinea anche la necessità di implementare la ricerca sull’argomento: «Ad oggi – si legge – lo studio di tematiche importanti che potrebbero aiutare a ridurre le conseguenze delle ferite da armi da fuoco sono ostacolate dall’assenza di finanziamenti e dalla paura dei ricercatori che lo studio di qualunque cosa legata alle armi possa bloccare le loro carriere».
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