L’Iss: “La rinuncia alle cure è risultata più frequente fra le persone socialmente più svantaggiate o per bassa istruzione e fra i residenti nelle regioni del Centro e Sud d’Italia”
Sono più di due milioni e mezzo gli ultra 65enni che, lo scorso anno, hanno rinunciato ad almeno una visita medica o ad un esame diagnostico di cui, invece, avrebbero avuto bisogno. Il dato emerge dai risultati della sorveglianza Passi d’Argento dell’Iss, pubblicati oggi sul sito web dello stesso Istituto. Tra gli intervistati, il 61%, invece, ha dichiarato di non aver rinunciato a nessuna prestazione, mentre il 21% di non aver avuto affatto bisogno di sottoporsi a visite mediche o esami diagnostici. Le liste di attesa, lamentate dal 55% dei partecipanti all’analisi, sono al primo posto fra le ragioni principali della rinuncia alle cure. Seguono le difficoltà logistiche nel raggiungere le strutture sanitarie o la scomodità degli orari (13%) e i costi troppo elevati delle prestazioni (10%).
La situazione varia sia in base alle condizioni socio-economiche che alla regione di residenza: “La rinuncia alle cure è risultata più frequente fra le persone socialmente più svantaggiate, per difficoltà economiche (39% tra coloro che hanno dichiarato di arrivare a fine mese con molte difficoltà vs 20% rispetto a chi non ne ha) o per bassa istruzione (24% tra chi ha al più la licenza elementare vs 19% tra i laureati) e fra i residenti nelle regioni del Centro e Sud d’Italia (27% vs 16% fra i residenti nelle regioni settentrionali) – si legge nel Report dell’Iss -. Inoltre, la rinuncia alle prestazioni è più alta fra le donne (25% vs 21% fra gli uomini) mentre non emergono differenze significative per età”. La situazione non cambia nemmeno per chi soffre di una o più patologie croniche: il 25% di questi malati ha dovuto rinunciare ad una visita medica o un esame necessario”.
Oltre la metà di chi che non ha rinunciato alle cure ha messo la mano al portafogli: il 10% ricorrendo esclusivamente a strutture private, il 49% ricorrendovi alcune volte. Solo il 41% ha utilizzato esclusivamente il servizio pubblico. “Le difficoltà di accesso non riguardano solo le visite mediche o gli esami diagnostici – sottolinea l’Iss -, ma anche i servizi di base, come la possibilità di raggiungere la Asl, il medico di famiglia o i negozi di beni di prima necessità. Nel biennio 2022-2023, il 32% degli anziani ha riportato difficoltà nell’accesso ai servizi sociosanitari o ai negozi. Queste difficoltà aumentano con l’età (68% degli ultra 85enni), sono più frequenti tra le donne (39% rispetto al 23% degli uomini) e tra le persone socialmente più svantaggiate, con bassi livelli di istruzione o maggiori difficoltà economiche.”
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