Conte (Università Padova): «Necessario iniziare a cambiare il modo di produrre evidenza scientifica». Del Mastro (Università Genova): «Serve pianificazione delle spese dando priorità a farmaci che hanno grosso impatto ed evitando sprechi di risorse»
È partecipando ad importanti consessi internazionali come il San Antonio Breast Cancer Symposium che si tocca con mano il lavoro nascosto dietro ogni trial e ogni nuova scoperta. Ed è guardando i grafici, le curve e i numeri che vengono presentati che ci si rende conto quanto la ricerca stia andando avanti per migliorare la vita dei pazienti. In questo caso, delle donne con cancro al seno. «Se ad esempio parliamo di malattia metastatica, le pazienti hanno una prospettiva di vita molto più lunga rispetto al passato – sottolinea la professoressa Lucia Del Mastro, docente di Oncologia presso l’Università degli Studi di Genova e coordinatrice del Centro di Senologia dell’Ospedale Policlinico San Martino -. Ed alcuni dei nuovi farmaci hanno la caratteristica di essere particolarmente efficaci e di avere una tossicità più bassa rispetto alla classica chemioterapia, quindi anche la qualità di vita di queste pazienti tende a migliorare».
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È evidente allora l’importanza di avere sempre più e più rapidamente molecole innovative. Auspicio che tuttavia si scontra con due problemi fondamentali: da una parte le tempistiche necessarie per portare avanti gli studi e completare l’iter di approvazione dei farmaci, dall’altra i costi elevati che i servizi sanitari devono sostenere.
«A mio avviso – commenta PierFranco Conte, professore di Oncologia presso l’università di Padova e direttore della struttura Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto – è necessario iniziare a cambiare il modo di produrre evidenza scientifica. È indubitabile che necessitiamo di informazioni su numeri grandi di pazienti e sull’efficacia e tollerabilità a lungo termine, ma non appena i dati risultino molto promettenti, i farmaci innovativi andrebbero approvati rapidamente. Al contempo, però, bisognerebbe obbligare l’industria farmaceutica e i clinici a produrre dati di sicurezza e di efficacia sui pazienti che verranno trattati nella pratica clinica e poi, magari dopo uno o due anni, eventualmente rivedere, alla luce di questi dati, le indicazioni registrative, il profilo di tollerabilità ed i costi».
Eccola la parola magica che rischia di compromettere l’intero processo. I costi elevati dei nuovi farmaci. Per affrontarli, secondo la professoressa Del Mastro «è necessaria una pianificazione delle spese dando ovviamente priorità ai farmaci che hanno un grosso impatto dal punto di vista clinico e cercando di evitare sprechi di risorse anche in campi della medicina diversi da quello farmaceutico, che in genere sono meno controllati rispetto alla spesa farmaceutica».
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Un problema che in Europa è sentito e affrontato in modo diverso a seconda dei diversi sistemi di rimborso dei farmaci e, soprattutto, delle diverse capacità economiche degli Stati: «Se la European Medicines Agency è l’unica autorità a livello europeo autorizzata ad approvare un farmaco per uso clinico – aggiunge il professor Conte -, i 28 Paesi membri dell’Unione Europea sono estremamente differenti tra loro sotto questo punto di vista. A fronte di Stati ricchi che possono permettersi nuovi farmaci anche molto costosi, ci sono Stati che hanno problemi economici più rilevanti dove diventa difficile mettere immediatamente a disposizione dei propri pazienti questi farmaci».
In questo panorama, l’Italia si trova in una situazione intermedia. «Per fortuna – continua Conte – tra autorità regolatoria e industria farmaceutica, soprattutto se i dati clinici sono molto promettenti, si riesce quasi sempre a raggiungere un gentlemen’s agreement: l’autorità regolatoria italiana approva il farmaco in una prima fase, senza approvare e concordare un prezzo di rimborso. Dal canto suo l’industria farmaceutica mette a disposizione dei pazienti italiani il farmaco gratuitamente o a un prezzo simbolico. È quindi in questa fase in cui si discuterà e si cercherà di raggiungere un accordo sul prezzo – conclude – che si possono acquisire dati aggiuntivi sulla sicurezza del farmaco in una popolazione più ampia di pazienti trattati».