Era il 1918 quando un’influenza particolarmente aggressiva cominciò a diffondersi in Europa, fino a colpire tanti altri Paesi fino alle più remote isole del Pacifico. Ebbene era la ‘Spagnola’ e nel 2018 ricorre il centenario dell’epidemia che si rese colpevole di ben 50 milioni di vittime
Compie un secolo l’influenza spagnola, la più terribile delle pandemie che il mondo ricordi. Il virus cominciò a diffondersi all’inizio del 1918 e fino al 1920 fu inarrestabile tanto da uccidere 50 milioni di persone. La pandemia superò di gran lunga il record della peste nera che, nel XIV secolo fece 20 milioni di vittime.
La malattia è passata alla storia come la ‘Spagnola’ visto che dapprima solo i giornali spagnoli ne parlarono perché non sottoposti a censura dato il non coinvolgimento del territorio iberico nella Prima Guerra Mondiale. In realtà portatori del virus furono gli americani che spostandosi in Europa per la varie spedizioni belliche, rappresentarono il veicolo di diffusione della pandemia a livello globale.
L’influenza, veicolata da virus del ceppo H1N1, si manifestò con gravi complicanze polmonari difficili da curare. Gli elementi che giocarono a favore del virus e gli permisero di diffondersi così massicciamente, furono le scarse condizioni igienico-sanitarie e la debole salute fisica e psicologica delle truppe e dei civili prostrati da anni di guerra.
L’Italia fu tra i Paesi più colpiti, seconda soltanto alla Russia in cui giocò un ruolo decisivo il clima gelido. A contrarre la malattia furono 4 milioni e mezzo di italiani di cui circa 600mila persero la vita, fra questi un’alta percentuale di medici e infermieri coinvolti nell’assistenza ai malati. Personale sanitario e addetti ai trasporti, in costante contatto con il pubblico, furono tra i primi ad essere colpiti e questo determinò un ulteriore danno per il sistema Paese ridotto in ginocchio su troppi fronti.
Al contrario di quello che si pensa, ossia che ad essere colpiti dall’influenza furono fasce deboli rappresentate da anziani e bambini, la Spagnola colpì prevalentemente i giovani (tra i 18 e i 30 anni) quella fetta di popolazione che in genere non risulta esposta a particolari rischi. Questo determinò un ulteriore elemento che rese l’epidemia ancor più catastrofica.
Riguardo l’imprevista strage di giovani, ci sono varie teorie a riguardo: prima fra tutti la tesi che, già all’inizio del XX secolo, un’influenza simile per ceppo virologico, si era ampiamente diffusa, permettendo ai sopravvissuti di sviluppare difese immunitarie sufficienti a salvaguardare l’organismo. La seconda teoria è che la Spagnola provocò nei sistemi immunitari una reazione sproporzionata che invece di proteggere l’individuo lo espose ancor di più al rischio; visto che nei giovani il sistema immunitario è particolarmente funzionale, i più colpiti furono proprio i più ‘forti’.