Passati da tempo i problemi di approvvigionamento, ora c’è una tale quantità di vaccini in circolazione che i Paesi ricchi non riescono più a smaltirli. E mentre la FDA americana approva la terza dose di Pfizer per gli over 65, sia Biden che Draghi promettono nuove donazioni ai Paesi in via di sviluppo
Ricordate quando solo qualche mese fa c’era scarsità di vaccini anti-Covid e (nei Paesi dell’Unione europea in primis), le campagne vaccinali dovettero per forza di cose subire un rallentamento? Ecco, ora in circolo ce ne sono talmente tante di dosi ancora da inoculare che se non troviamo a stretto giro un bel po’ di nuove braccia da pungere, entro fine anno ne butteremo circa un centinaio di milioni in tutto il mondo. È quanto sostiene un report di Airfinity, agenzia di ricerca che si occupa di analisi dati.
Superati già da tempo i “problemi” a livello di produzione da parte delle case farmaceutiche titolari dei brevetti dei vaccini attualmente approvati ed utilizzati, al momento viene immessa nelle vene dei sistemi sanitari di una piccola parte del mondo una quantità tale di dosi che è impossibile smaltirle, anche se si dovesse ricorrere alla terza dose per tutti.
Il problema è che, oltre allo spreco di denaro pubblico speso per vaccini che non verranno utilizzati, ci sono Paesi (ovviamente quelli più poveri) che restano a guardare impotenti: secondo Human Rights Watch, infatti, il 75% dei vaccini è andato a soli dieci Paesi, mentre altri hanno potuto vaccinare solo il 2% della loro popolazione.
«Attualmente – ha spiegato Aurelia Nguyen, Amministratore delegato di Covax, il programma internazionale dell’OMS per garantire un equo accesso ai vaccini – le dosi tendono ad essere condivise in bassi volumi, e con preavvisi brevi, spesso poco prima della data di scadenza, rendendo molto difficile dal punto di vista logistico distribuirle ai Paesi capaci di gestirle».
La Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha intanto autorizzato la somministrazione della terza dose del vaccino contro il Covid-19 di Pfizer-BioNTech (ad almeno sei mesi di distanza dalla conclusione del primo ciclo vaccinale), per le persone dai 65 anni in su e per i soggetti di età compresa tra i 18 e i 64 anni fragili o la cui frequente esposizione professionale al virus li pone ad alto rischio di gravi complicanze e di malattia grave.
Ciò significa che un bel po’ di dosi verranno utilizzate in questo modo e non verranno gettate, e ovviamente è una buona notizia. Ma se ci sono Paesi in cui una singola persona ha ricevuto (o riceverà) tre dosi di un vaccino, ce ne sono altri in cui di dosi non se ne sono viste affatto. Ed è per questo (e non è la prima volta) che i leader dei Paesi più agiati sono tornati a promettere aiuti a quelli più in difficoltà. Il Presidente americano Joe Biden ha annunciato infatti che gli Stati Uniti doneranno 500 milioni di dosi, mentre il Premier Draghi ha detto che, sebbene l’Italia si fosse impegnata a donare 15 milioni di dosi di vaccino entro fine anno, «siamo pronti a triplicare il nostro sforzo, donando altre 30 milioni di dosi ai Paesi più poveri».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato