«Siamo arrivati a Siret, in Romania, al confine con l’Ucraina dove abbiamo allestito un campo di primo soccorso per produzione e distribuzione del cibo. Dinnanzi a noi giovani universitari indiani che cercano di rientrare in patria, donne e bambini che fuggono dalla guerra, ma anche civili che stanno organizzando un esercito per la resistenza. Il Covid? Non fa più paura»
Sono partiti lunedì mattina da Milano con cinque furgoni attrezzati con una cucina mobile, cibo, beni di prima necessità, tende, sacchi a pelo, abiti e prodotti per l’igiene per raggiungere il confine con l’Ucraina. Sono i volontari di Fondazione Arca che dopo 30 ore di viaggio sono arrivati a Siret dove si sono attivati subito per allestire un campo di primo soccorso. Tra loro anche Luca Degani presidente di Uneba Lombardia che abbiamo raggiunto con una videochiamata.
«Siamo in Romania, al confine tra Moldavia e Ucraina in una palestra che ospita 600 giovani indiani. Sono i ragazzi dell’Università di Nuova Dehli che stavano facendo l’Erasmus a Kiev e sono fuggiti allo scoppiare della guerra. Ora sono in attesa di prendere un volo per rientrare in patria, ma a causa del blocco aereo sono costretti a restare in questo luogo e sui loro volti si legge incredulità e spavento». Sguardi di speranza di tanti giovani indiani che si incrociano con quelli dei volontari e di chi invece non ha un luogo dove andare. Sono le mamme e i bambini dell’Ucraina tenuti in una zona confinata, in attesa di un passaggio lontano dalla guerra. «Vengono fatti passare a piccoli numeri – spiega il Presidente di Uneba Lombardia – una buona parte riescono a partire con i trasporti gratuiti messi a disposizione dalle Ong o organizzati dalla pubblica amministrazione, con costi minimi».
Per i meno fortunati la fuga rischia di trasformarsi in un incubo se finiscono nella rete delle organizzazioni criminali. «Ci sono gruppi che si fanno pagare 500 euro per un viaggio oppure vanno ad alimentare il circuito della prostituzione – ammette Degani -. Fortunatamente sono piccoli numeri, ma purtroppo presenti in questo contesto di disperazione e di paura che si allarga a macchia d’olio anche in Moldavia dove gli uomini sono impossibilitati ad uscire dal confine, mentre le donne e i bambini vanno ad accrescere il numero dei profughi in fuga».
I bombardamenti sono lontani, appena si avverte qualche eco lontano, ma la paura si legge sui volti delle donne e dei bambini che cercano una via di fuga. Per lo più ambiscono a raggiungere famigliari o amici in qualche paese europeo, chi non sa dove andare attende un autobus o un passaggio verso l’ignoto. «La percezione di paura e di preoccupazione è tanta, ma c’è anche una frangia di popolazione che chiede un genere di aiuto che non daremo – racconta Degani – sono i civili che si stanno organizzando con le armi per creare un esercito civile».
L’impegno dei volontari di Fondazione Arca non si esaurisce con la produzione e la distribuzione di cibo e altri generi alimentari, ma, con l’ausilio di tamponi hanno il compito di monitorare l’andamento della pandemia da Covid. «Devo dire in tutta schiettezza e con un senso di difficoltà che ci chiediamo se è opportuno farli avendo dinnanzi giovani indiani che sperano di rientrare in patria prima possibile ed una popolazione che non usa le mascherine perché è un fattore comportamentale non accettato. Non vediamo una mascherina da almeno 12 ore – spiega il Presidente di Uneba Lombardia – In questo contesto il virus è l’ultimo dei pensieri, ma cercheremo di fare i tamponi almeno alla popolazione locale». La missione di Fondazione Arca si conclude mercoledì sera. Il viaggio di rientro si prospetta però molto difficoltoso anche lontano dal confine ucraino, in Ungheria infatti i volontari, che stanno cercando di mettere in salvo quattro donne con bambini, vengono bloccati. Da oltre otto ore sono in attesa di un lasciapassare per rientrare in Italia.
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