Tra le Ong presenti all’incontro, solo Save the Children ha firmato il codice. Da segnalare, tra coloro che si oppongono, Medici Senza Frontiere. Il Viminale: «Chi non accetta il codice è fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare»
Le Ong si dividono sul codice di condotta del Viminale per il salvataggio in mare dei migranti: non tutte infatti lo firmano e il Ministero dell’interno avverte che il rifiuto «pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi, a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse». A sottoscrivere l’accordo sono state MOAS e Save the Children, mentre Proactiva Open Arms ha fatto pervenire una comunicazione per annunciare la volontà di firmare l’accordo. L’organizzazione francese Médecins Sans Frontières (Msf) ha invece consegnato una lettera diretta al Ministro dell’interno Marco Minniti con la quale da un lato prende atto «dell’esemplare ruolo svolto dall’Italia», ma al tempo stesso mette in luce che «i principi umanitari di indipendenza, imparzialità e neutralità non hanno consentito la firma assieme alle altre organizzazioni». Ciò nonostante, Msf ha ritenuto liberamente di adeguarsi alla gran parte dei principi del Codice da loro condivisi.
Il codice di condotta è articolato in 13 punti: la versione definitiva è stata approntata venerdì scorso dal Viminale. Tra le disposizioni su cui c’è maggiore disaccordo, il divieto di trasferire le persone soccorse su altre navi e la presenza di autorità di polizia a bordo per raccogliere informazioni utili per le indagini sul traffico di essere umani. Proprio nel tentativo di superare le iniziali perplessità delle Ong, il testo originale è stato parzialmente modificato: gli ufficiali di polizia giudiziaria a bordo saranno presenti solo «per il periodo strettamente necessario», ma difficilmente verrà accolta la richiesta delle Ong che vorrebbero che gli agenti lasciassero a terra le armi. Per quanto riguarda il trasbordo di migranti su altre navi sarà invece possibile «nei casi richiesti dall’MRCC competente» e «sotto il suo coordinamento».
Gli altri punti del codice di condotta poi prevedono che le Ong dichiarino le proprie fonti di finanziamento, vietano ai soccorritori di entrare nelle acque libiche «salvo in situazioni di grave e imminente pericolo» e di spegnere o ritardare la trasmissione dei segnali di identificazione, così come di agevolare tramite comunicazioni la partenza delle barche. Dovrà poi essere attestata l’idoneità tecnica dell’equipaggio e delle navi per le attività di soccorso, che dovranno ad esempio avere a bordo la possibilità di conservare eventuali cadaveri. Le Ong dovranno informare costantemente lo Stato di bandiera sulle attività svolte, soprattutto se avvengono al di fuori di una zona di ricerca istituita ufficialmente. Al momento dello sbarco, i soccorritori dovranno poi cooperare lealmente con l’autorità di pubblica sicurezza del luogo e, una volta soccorsi i migranti e nei limiti del possibile, dovranno recuperare le imbarcazioni e i motori usati dai trafficanti di uomini. Infine, in caso di infrazioni, non viene specificata un’eventuale interdizione dai porti ma è previsto che l’inosservanza degli impegni del codice di condotta possano comportare «l’adozione di misure da parte delle autorità italiane nei confronti delle relative navi, nel rispetto della legislazione internazionale e nazionale, nell’interesse pubblico di salvare vite umane».
Non erano invece presenti alla sottoscrizione le Ong Sea Watch, Sea ye, Association europeenne de sauvetage en mer (Sos Mediterranée), mentre Jugend Rettet non ha firmato. «Abbiamo deciso di non firmare questo codice. Noi possiamo firmare soltanto nel caso in cui le nuove norme rendano più efficiente il nostro lavoro e aumentino la sicurezza dei nostri volontari», ha detto il rappresentante di Jugend Rettet, Titus Molkenbur, lasciando il Viminale. Save the Children, invece, ha deciso di firmare «perché gran parte delle cose che prevede il codice noi già le facciamo», ha detto il Direttore generale Valerio Neri. «L’unico punto che per noi rappresentava una criticità – ha spiegato Neri – era quello che introduce il divieto di trasbordare i migranti da una nave a un’altra, ma questo si è risolto con il ruolo che svolgerà la guardia costiera. Mi spiace che altre Ong non abbiano deciso di sottoscrivere questo codice».