Il 70% delle donne colpite da un tumore al seno iniziale potrebbe evitare la chemioterapia. È quanto emerge dallo studio americano “Tailorx” presentato a Chicago al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (Asco). Lo studio, condotto su 10.273 donne con la forma più comune della malattia, ossia con recettori ormonali postivi e Her2-negativo, dimostra che gran […]
Il 70% delle donne colpite da un tumore al seno iniziale potrebbe evitare la chemioterapia. È quanto emerge dallo studio americano “Tailorx” presentato a Chicago al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (Asco).
Lo studio, condotto su 10.273 donne con la forma più comune della malattia, ossia con recettori ormonali postivi e Her2-negativo, dimostra che gran parte di questo gruppo di pazienti non ha bisogno della chemio dopo l’intervento chirurgico, visto che non è stato rilevato alcun miglioramento in termini di sopravvivenza libera dalla malattia quando la chemio era aggiunta all’ormonoterapia. Il test sperimentato misura infatti, con un punteggio da 1 a 100 sulla base dell’espressione di 21 geni, il rischio di recidiva a 10 anni e individua quali pazienti possono effettivamente trarre beneficio dalla chemio: le donne con punteggio basso (0-10) dovrebbero ricevere solo ormonoterapia e quelle con punteggio alto (26-100) ormonoterapia più chemio.
La giusta terapia, prima del test, era incerta in particolare per le donne con il punteggio da 11 a 25: lo studio dimostra che la chemio può essere limitata al 30% delle donne con cancro iniziale, per il quale porta beneficio; si tratta di donne di meno di 50 anni che avevano un punteggio medio nel test. Negli altri casi, la sola ormonoterapia non è meno efficace della chemio più ormonoterapia in termini di sopravvivenza e ricomparsa della malattia. In particolare, da una valutazione a 7 anni e mezzo di follow-up, si è visto che l’ormonoterapia non era meno efficace se somministrata senza chemio. A 9 anni i risultati delle due strategie terapeutiche erano ancora praticamente identici.
«Ogni donna con tumore iniziale al seno dai 75 anni in giù – spiega l’autore principale dello studio, Joseph A. Sparano, direttore Clinical Research dell’Albert Einstein Cancer Center and Montefiore Health System di New York – dovrebbe dunque avere la possibilità di sottoporsi al test e discutere con il medico riguardo all’opportunità della chemioterapia dopo l’intervento». Il risultato, dicono i ricercatori, «avrà un impatto immediato, risparmiando a migliaia di donne gli effetti collaterali della chemio, pur continuando a raggiungere eccellenti risultati sul lungo periodo».
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