L’appello del premier ai “costruttori” ha portato in maggioranza due senatori di Forza Italia e il socialista Nencini. Lontana la maggioranza assoluta di 161 voti. Astenuta Italia Viva che non chiude la porta a un Conte ter. Così in 10 Commissioni il Governo non ha i numeri
Nel giorno della verità, il governo Conte supera lo scoglio del Senato, ma ottiene solo una maggioranza relativa: alla fine i sì sono 156, i no 140 e 16 gli astenuti. La votazione è arrivata in tarda serata dopo una giornata al cardiopalma, in cui il pallottoliere ha oscillato da una parte all’altra in continuazione tra colpi di scena e duelli verbali. Italia Viva, che aveva ritirato la compagine ministeriale e aperto la crisi, ha scelto di astenersi per mantenere vivo il dialogo con gli ex alleati. Conte e Renzi, i veri protagonisti di questo scontro, non si sono risparmiati frecciate e attacchi: «Crisi incomprensibile, avete preso strada non leale» scandisce il premier. La replica del leader di Iv: «Politica non è cambiare idee e tenersi le poltrone».
L’appello ai “responsabili” e ai “costruttori” del presidente del Consiglio non ha fatto breccia: la maggioranza ha guadagnato il supporto di due senatori di Forza Italia, Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin, e in extremis del socialista Riccardo Nencini e dell’ex M5S Lello Ciampolillo. Ma l’Udc e altri ex M5S, dati in avvicinamento alla maggioranza, hanno mantenuto ferma la loro posizione contraria.
Ora la navigazione del Governo si complica notevolmente e la maggioranza giallo-rossa dovrà faticare non poco per portare avanti il suo programma. Se i numeri non dovessero aumentare, senza Italia Viva in Senato il governo non ha la maggioranza in dieci Commissioni, compresa la Commissione Sanità.
Dopo l’intervento alla Camera, il presidente del Consiglio ha aperto e chiuso la giornata parlamentare con le comunicazioni a Palazzo Madama. Un discorso che ha ricalcato in larga parte quello effettuato a Montecitorio: «L’uragano della pandemia ci ha costretto a ridefinire le priorità, a ripensare il nostro modello di sviluppo, la dinamica stessa delle nostre relazioni» ha ricordato. E ha aggiunto: «Stiamo affrontando una sfida di portata epocale. Ci stiamo misurando con l’esigenza di definire le linee ricostruttive di una società segnata sembra un riprecipitare al passato, da paure primordiali, più spesso conosciute da generazioni del passato, paure legate al rischio di perdere beni essenziali, come la vita e la salute, e di tornare a sentirci tutti profondamente fragili».
Sul fronte della sanità, Conte ha voluto rivendicare l’abolizione del superticket sanitario e l’esigenza di una riflessione riguardante la revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione: «Lavoriamo tutti insieme, meditiamo insieme, sull’attuale riparto delle competenze legislative di Stato e Regioni, come pure lavoriamo tutti insieme per l’individuazione di meccanismi e istituti che consentano di coordinare più efficacemente il rapporto tra i diversi livelli di governo».
Poi l’attacco a Matteo Renzi. Uno stillicidio di «continue pretese, continui rilanci concentrati peraltro non casualmente sui temi palesemente divisivi rispetto alle varie sensibilità delle forze di maggioranza. Di qui le accuse, a un tempo di immobilismo e di correre troppo, di accentrare i poteri e di non aver la capacità di decidere. Vi assicuro che è complicato governare con chi mina continuamente un equilibrio politico pazientemente raggiunto dalle forze di maggioranza».
Un accenno anche alle sfide future: tra le tante l’appuntamento del 21 maggio del Global Health Summit «che ci consentirà di rimarcare, solennemente, la rilevanza di un coordinamento globale degli sforzi per affrontare malattie e pandemie e per garantire la più efficace tutela della salute».
Il dibattito in Senato è stata l’occasione per il primo faccia a faccia tra i duellanti. Il presidente del Consiglio ha avuto di fronte il senatore di Rignano sull’Arno, che la settimana scorsa aveva aperto la crisi. E il leader di Italia Viva non è stato tenero con il premier: «Serve un governo più forte – ha detto Renzi -. Non c’è una crisi istituzionale ma sanitaria ed economica. Conte non si è dimesso per un arrocco personale dannoso per le istituzioni. Ha avuto paura di salire a Quirinale dopo le dimissioni delle ministre di Italia Viva». Poi ha rivelato di aver ricevuto da Conte l’offerta di incarichi internazionali, declinata da Renzi. Poi ha incalzato Conte su scuola, sanità e crisi. Una rottura che sembra dunque insanabile e che pone di fatto Italia Viva all’opposizione.
L’attesa, però, era tutta per gli indecisi: la discussione generale è durata in tutto 7 ore prima delle dichiarazioni di voto. Pier Ferdinando Casini e Mario Monti hanno annunciato la loro fiducia al premier, mentre il socialista Riccardo Nencini non ha sciolto la riserva. Secco il no di Emma Bonino (+Europa) mentre Sandra Lonardo, senatrice ex Fi e moglie di Clemente Mastella, ha ribadito il suo voto a favore. Un altro voto a favore, oltre a quello dell’ex dem Tommaso Cerno, è quello dell’ex M5s Gregorio De Falco.
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