Secondo gli esperti, i vaccini promessi dalle nazioni più ricche non sono sufficienti per porre fine alla pandemia
La maggior parte delle persone che vivono nei Paesi poveri dovrà aspettare altri due anni prima di essere vaccinata contro il Covid-19. Secondo quanto scritto da alcuni ricercatori sulla rivista Nature, sono necessari circa 11 miliardi di dosi per vaccinare il 70% della popolazione mondiale contro il Covid-19. Al 4 luglio erano state somministrate 3,2 miliardi di dosi. All’attuale tasso di vaccinazione, si arriverà a circa sei miliardi di dosi entro la fine dell’anno, secondo quanto previsto dal progetto dei ricercatori del Fondo monetario internazionale. Fino ad ora, però, più dell’80% delle dosi è andato ai Paesi ad alto e medio reddito. Solo l’1% delle persone nei Paesi a basso reddito ha ricevuto almeno una dose.
Solo un mese fa, i leader del G7 avevano promesso dosi extra per i Paesi meno avanzati entro la fine del 2022: 500 milioni di dosi dagli Usa, 100 milioni dal Regno Unito e 30 ciascuno da Giappone, Francia e Germania (il tutto, in aggiunta agli 87,5 già impegnati).
Ma secondo Andrea Taylor, ricercatrice di politiche sanitarie e vicedirettore del Duke Global Health Innovation Center di Durham, è improbabile che questi impegni forniscano vaccini alle persone più povere nel mondo in maniera rapida. A marzo, il suo gruppo di lavoro aveva previsto che il mondo sarebbe stato vaccinato in maniera completa solo nel 2023 e nel frattempo non è sopraggiunta alcuna novità capace di spostare questa data.
Questo succede anche perché, a quanto scrive Nature, gli impegni aggiuntivi saranno compensati da restrizioni sulle esportazioni. Sia l’Unione europea che gli Stati Uniti proibiscono le esportazioni di alcuni vaccini e di ingredienti necessari per realizzarli. L’Ue, inoltre, insiste affinché le case farmaceutiche che producono i vaccini mantengano i loro impegni di consegnare le dosi prima ai Paesi membri che agli altri. E l’India, in cui viene prodotto il 60% delle dosi totali di vaccini, ha ordinato ai produttori del Paese di interrompere l’esportazione degli stessi anche nell’ambito di Covax, l’iniziativa internazionale volta a distribuire i vaccini anche nei Paesi più poveri.
Covax si è impegnata a vaccinare un quinto della popolazione di ciascuno di questi Paesi erogando due miliardi di dosi entro la fine dell’anno. Secondo i dati del Duke Global Health Innovation Center, Covax ha acquistato 2,4 miliardi di dosi (rispetto a 1,1 miliardi di marzo) ma al 2 luglio aveva spedito solo 95 milioni di dosi, rispetto ai 65 di maggio.
Nel frattempo, i casi di Covid-19 stanno aumentando in tutta l’Africa. L’ufficio africano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che il numero di infezioni da Covid-19 è aumentato del 39% dal 13 al 20 giugno e del 25% nella settimana terminata il 27 giugno. Almeno 20 paesi, tra cui Zambia, Uganda, Sudafrica e Repubblica Democratica del Congo, stanno vivendo una terza ondata di infezioni. Le già carenti strutture sanitarie sono in grosso affanno.
Secondo quanto dichiarato dall’OMS, tra febbraio e maggio i Paesi africani hanno ricevuto complessivamente solo 18,2 milioni dei 66 attesi attraverso Covax. Su quasi 1,3 miliardi di persone in Africa, solo il 2% ha ricevuto una dose di vaccino e poco più dell’1% (26 milioni di persone) hanno completato il ciclo vaccinale.
Per questo, l’Unione africana sta esplorando anche altre opzioni. Con l’aiuto della Banca Mondiale ha infatti acquistato 400 milioni di vaccini monodose Johnson&Johnson, mentre i singoli Paesi stanno negoziando con le case farmaceutiche per ottenere quantità aggiuntive di vaccini.
Tuttavia, secondo Soumya Swaminathan, Chief Scientist presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità, potrebbe essere troppo tardi. «L’iniqua distribuzione dei vaccini ha permesso al virus di continuare a diffondersi», ha detto. Secondo Swaminathan l’OMS ha chiesto ai suoi Stati membri di sforzarsi al massimo per vaccinare almeno il 10% delle persone in ogni Paese entro settembre e il 30% entro la fine dell’anno. Questo però accadrà solo se i Paesi riusciranno a condividere immediatamente le dosi con Covax e se i produttori daranno priorità agli ordini Covax.
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