La capogruppo del Pd in Commissione Sanità: «Tra quota 100 e blocco del turn over non è stato facile reclutare gli operatori sanitari. Proporrò un emendamento per allargare il numero di accessi a scienze infermieristiche»
Mentre imperversa in Italia la seconda ondata di Covid-19, la politica si interroga su come potenziare la medicina territoriale, al momento l’anello debole del Sistema sanitario che, a detta dei principali attori, necessita di una profonda revisione. Sul tema è al lavoro da settimane la Commissione Igiene e Sanità del Senato presieduta da Annamaria Parente incaricata di curare “l’Affare assegnato sul potenziamento e riqualificazione della medicina territoriale nell’epoca post Covid”. Il ciclo di audizioni, che si sta per concludere, ha visto sfilare, tra gli altri, il Presidente dell’ISS Silvio Brusaferro, il Presidente della FNOMCeO Filippo Anelli, i rappresentanti di FNOPI, FOFI e CNOP, il Presidente dell’Accademia dei Lincei Giorgio Parisi.
«Dagli auditi abbiamo avuto indicazioni importanti, ora spetta a noi fare delle proposte da portare in Aula in modo che tutti i senatori siano informati del lavoro svolto. Dobbiamo trovare una soluzione al più presto che deve concretizzarsi in proposte di legge utili a riformare il settore», spiega a Sanità Informazione la capogruppo del Pd in Commissione Sanità Paola Boldrini.
Il mancato filtro della medicina territoriale è uno dei motivi dell’assalto ai Pronto Soccorso che si sta verificando in queste settimane. Le USCA, Unità Sanitarie di Continuità Assistenziali, su cui si puntava molto per garantire l’assistenza domiciliare ai malati di Covid, non sono state attivate in tutte le regioni nel numero predisposto dal Dl Rilancio, cioè una ogni 50mila abitanti.
«Nella mia regione, l’Emilia Romagna, ne hanno attivate circa 60 – spiega la senatrice Boldrini -. Sono importantissime perché sono coloro che vanno a casa del paziente in caso di necessità, a fare gli esami di cui hanno bisogno, portando attrezzature per fare radiologie ed evitando così che questi pazienti vengano ospedalizzati».
Secondo Boldrini i motivi di questa partenza rallentata delle USCA sono da ricercare nella difficoltà di reclutamento e nella mancata organizzazione di alcune regioni. «Per attivare le USCA servono professionisti: in primis gli infermieri che però non si trovano. Purtroppo tutto ciò è frutto di quello che è accaduto negli ultimi anni: da un lato il blocco del turn over di infermieri e medici ha complicato la situazione, dall’altro lato la famosa quota 100 ha svuotato gli ospedali di medici e infermieri. Ma per creare sia un infermiere che un medico ci vogliono anni. Farò un emendamento per aumentare il numero di accessi a scienze infermieristiche, perché se non facciamo come per i medici non ne veniamo fuori».
Altro problema è quello della riorganizzazione della sanità territoriale, in cui molte regioni sono indietro: «Molte regioni hanno avuto problemi di reclutamento ma altre non hanno ancora capito come riorganizzare la sanità territoriale – aggiunge Boldrini -. Bisogna copiare dalle regioni che vantano delle best practice e ampliare la sanità del territorio. Questo significa mettere insieme tanti professionisti, la famosa multiprofessionalità attorno al paziente dove ognuno deve dare la propria risposta».
«Poi – conclude la Boldrini – io credo che serva anche attenzione alla salute psicologica: prima avevamo un orizzonte, pensavamo di uscirne a breve, ora che ci troviamo di nuovo in questa situazione difficile, vediamo lo spiraglio del vaccino ma non abbiamo tempi certi. Dobbiamo dare un sostegno ai cittadini perché ritrovarsi in casa con i bambini che non vanno a scuola non è semplice per tante famiglie. Sono situazioni che ci fanno tornare indietro e aggravano la situazione dell’umore. È un altro tema che dobbiamo attenzionare».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato