Un’anestesista di origini italiane racconta: «Contagi in aumento, sospeso il carnevale, scuole e attività commerciali chiuse. In produzione un vaccino con la Cina che potrebbe debellare il virus»
Il Brasile, con oltre 9 milioni di contagi e 223 mila morti, è oggi uno dei paesi più segnati dal Covid. Lockdown, attività commerciali e scuole chiuse, carnevale sospeso: queste le conseguenze di una impennata dei casi e dei decessi dopo le festività natalizie e la diffusione della variante proveniente dall’Amazzonia. Le parole di Cintia Lucchini, anestesista di origini italiane impiegata oggi in prima linea nella battaglia contro il Covid a San Paolo, ci spiegano il difficile momento.
«I numeri aumentano, oggi siamo a una media di 1100 morti al giorno con grandi differenze tra le diverse regioni del Paese – racconta la dottoressa, che ha conseguito la specializzazione all’Università Federico II di Napoli prima di rientrare, nel 2009, in Brasile –. La variante, trovata a dicembre nel 55% dei genomi sequenziati in Amazzonia, in poco più di un mese è arrivata al 91%. Questo spiega l’apprensione che si è sviluppata intorno a questo nuovo ceppo che è molto più trasmissibile. Ciò che lo caratterizza è una mutazione della proteina spike, ovvero la struttura che il virus utilizza per connettersi con la cellula umana».
«Un problema che, con il rilassamento delle misure di distanziamento sociale, affollamento sulle spiagge e non utilizzo della mascherina, ha generato nei mesi di dicembre e gennaio una impennata di contagi. Studi precisi sulla mortalità che può generare ancora non sono stati fatti, anche se a dicembre la media dei morti a Manaus era di 19 al giorno, oggi è di 139. Il problema è che finché non vacciniamo tutti quanti il virus circolerà e ci saranno diverse varianti».
Un tema, quello dei vaccini, che per il Brasile oggi è un tasto dolente. Infatti, la campagna vaccinale lamenta ritardi e carenza di dosi, oltre ad una grande incognita rappresentata dalla variante dell’Amazzonia, su cui l’efficacia dei vaccini oggi in commercio non è ancora stata testata.
«Da noi la campagna vaccinale è partita in ritardo significativo, il 17 gennaio – ammette la dottoressa Lucchini – con alcune fasce di priorità ovvero gli operatori sanitari, gli indigeni e le popolazioni che vivono in zone lontane dai servizi essenziali. Ma non c’è vaccino per tutti. Fino ad oggi abbiamo somministrato un milione e ottocento mila dosi; per soddisfare tutte le richieste ne avremmo bisogno di almeno 350 milioni».
Nonostante i tentativi di accorciare il gap con una produzione locale «abbiamo fatto un accordo con la Cina per la produzione di un coronavax – aggiunge la dottoressa –. Abbiamo già prodotto 6 milioni di dosi, ma ora manca una parte della materia che deve arrivare dalla Cina, ed allora abbiamo importato due milioni di dosi di AstraZeneca dall’India che stiamo utilizzando. Manca però un accordo commerciale con le grandi aziende come Pfizer, e questo è un grosso problema perché dovremmo realizzare un piano vaccinale che oggi non c’è. È in atto anche una discussione al governo se utilizzare due dosi per le stesse persone o garantire una copertura, seppur minima, a più persone».
Mentre si discute se e quando somministrare le dosi ai cittadini, la variante del Covid miete vittime al nord, ma fa paura a tutto il Paese, tanto che le manifestazioni in programma per il carnevale sono state abolite. «Ci vorranno due mesi perché l’istituto che sta lavorando con la Cina alla realizzazione del nostro vaccino possa adattarlo e garantire una copertura efficace anche conto l’ultima variante. Senza contare che ci saranno altre varianti e dunque potrebbe essere necessario dover ricercare sempre nuovi vaccini. Avremo molto ancora da studiare, nel frattempo chi prende il Covid viene curato con cortisone, eparina e antivirali. In alcune regioni ancora si usa idrossiclorochina, anche se gli studi non hanno dimostrato particolare efficacia. A San Paolo adottiamo una terapia in linea con quanto si fa in Europa in attesa di avere le dosi per la vaccinazione e un calendario funzionale che ancora manca.E questo è un grosso problema».
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