L’idea della Commissione europea prevede un documento digitale che attesterà se una persona è stata vaccinata contro il Covid-19, ha ottenuto un risultato negativo al test oppure è guarito dal Covid-19. Pedicini (Verdi): «Non ne approveremo uso restrittivo». Baldassarre (Lega): «Bene ma deve essere strumento provvisorio»
Tornare a viaggiare liberamente e in sicurezza in Europa potrebbe non essere un’utopia grazie al Digital Green Pass presentato dalla Commissione europea qualche giorno fa. Un’operazione non priva di rischi sanitari e giuridici che però potrebbe ridare slancio al turismo praticamente azzerato con l’esplodere della pandemia.
Il certificato sarà un documento digitale che attesterà che una persona è stata vaccinata contro il Covid-19, ha ottenuto un risultato negativo al test (anche quelli rapidi) oppure è guarito dal Covid-19 (attraverso il test sugli anticorpi). Nelle intenzioni della Commissione, il certificato entrerà in vigore entro la fine di giugno e sarà disponibile, gratuitamente, in formato digitale o cartaceo. La sicurezza e l’autenticità del certificato sarà garantita da un Qr Code che potrà essere usato per verificare la presenza dei dati sui database. Ogni organismo autorizzato a rilasciare i certificati (ad esempio un ospedale, un centro di test o un’autorità sanitaria) avrà la propria chiave di firma digitale. Tutte le chiavi di firma saranno conservate in una banca dati protetta in ciascun Paese. La Commissione istituirà uno sportello per garantire che tutti i certificati possano essere verificati in tutta l’Ue e sosterrà gli Stati membri nell’attuazione tecnica dei certificati. Agli Stati rimane la responsabilità di decidere quali restrizioni alleviare ai viaggiatori ma dovranno essere uguali per tutti i possessori del certificato verde. La proposta, ora, dovrà essere approvata dal Parlamento europeo e dagli Stati membri dell’Ue.
Il Digital Green Pass ha avviato un dibattito anche tra le forze politiche e gli esperti in materia. Lo stesso Presidente del Consiglio Mario Draghi, intervenendo in Parlamento per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo ha parlato della proposta lanciata da Ursula Von der Leyen. «Occorre procedere senza discriminazioni e nel rispetto della tutela dei dati sensibili dei cittadini europei. La libertà di movimento deve andare di pari passo con la garanzia della salute. È un progetto complesso, la Commissione dovrà presentare delle linee guida dettagliate e gli Stati membri dovranno essere in grado di renderlo operativo».
Draghi ha fatto riferimento a uno dei punti che sta facendo più discutere: la tutela dei dati sensibili era stata oggetto di un intervento del Garante della Privacy che aveva sottolineato che una misura di questo tipo rende necessaria una disposizione di legge nazionale per il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale dei cittadini, al fine di garantire un «equo bilanciamento tra l’interesse pubblico che si intende perseguire e l’interesse individuale alla riservatezza».
Il progetto di Digital Green Pass dovrà comunque avere il via libera del Parlamento europeo. Sanità informazione ha ascoltato le considerazioni di due europarlamentari italiani, Piernicola Pedicini (indipendente nel gruppo dei Verdi europei) di professione fisico medico, e Simona Baldassarre, medico, entrambi membri della Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare.
«Il Digital green pass, dal mio punto di vista di medico e di politico, non può e non deve essere considerato come un semplice passaporto vaccinale fine a sé stesso, ma deve essere uno strumento provvisorio e un primo passo per un ritorno alla normalità sociale ed economica nella situazione pandemica in corso, avviando un percorso virtuoso di libera circolazione tra cittadini e Stati. Con indubbi benefici per l’economia, il commercio e il turismo. Un’occasione importante per ripartire», spiega Baldassarre che però punta il dito contro i ritardi di Bruxelles nella lotta alla pandemia. «In Europa si è appena iniziato a discutere di questa idea: ovviamente, nel dettaglio, sarà fondamentale lavorare perché non si creino discriminazioni e perché vengano rispettati i diritti di tutti i cittadini. L’Ue finora ha dato risposte poco soddisfacenti e commesso molti errori nella gestione della pandemia: speriamo abbia imparato la lezione. Noi faremo le nostre proposte, ma sappiamo che il Digital Green Pass, da solo, non basta. Deve essere accompagnato da una efficace accelerazione nella campagna per le vaccinazioni, al momento in difficoltà».
Giudica in modo positivo la proposta anche Pedicini che però sposta l’attenzione su alcuni aspetti da migliorare. «L’impianto complessivo della proposta è buono, ma ci sono diversi aspetti da migliorare. Innanzitutto, la necessità di garantire che non vi sia discriminazione tra i tre strumenti proposti o nell’utilizzo del certificato su base nazionale e la grossa incognita della protezione dei dati personali. Per questo è necessario garantire un dibattito ampio e inclusivo e la possibilità di modificare la proposta almeno in queste parti critiche. La richiesta di procedura d’urgenza da parte della Commissione che voteremo domani va contro questi obiettivi».
Per Pedicini è fondamentale evitare che il Digital Green Pass crei discriminazioni: «È proprio quello che vogliamo evitare. Bisogna prevedere per chi non è ancora vaccinato o ha scelto di non vaccinarsi, una procedura parallela di passaggio tra vari Stati. Il Green pass deve essere considerato uno strumento per tornare a viaggiare e muoversi liberamente, ma allo stesso tempo non ne approveremo l’uso restrittivo, come per l’ingresso ai cinema, ai teatri o al ristorante. C’è anche da dire che ad oggi non abbiamo certezze scientifiche sul fatto che un vaccinato non trasmetta il virus, mentre sappiamo che un soggetto che ha già contratto il virus può essere vittima delle varianti o avrà gli anticorpi per una durata dubbia. È necessario quindi chiarire vari aspetti della proposta in sede negoziale».
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