Nelle comunicazioni alla Camera in vista del prossimo Consiglio europeo, il presidente del Consiglio ha ribadito l’impegno dell’Italia per i vaccini ai Paesi più poveri: 15mila le dosi da donare. Ma nel nostro Paese non dobbiamo fare errori: la prima volta non eravamo preparati
«La scorsa settimana in tutta l’Ue abbiamo registrato circa 90 mila casi e ci sono stati 2.600 decessi dovuti a Covid-19. Due mesi fa, i casi erano circa un milione a settimana e i decessi settimanali erano sei volte quelli attuali. Questo miglioramento è merito della campagna vaccinale che procede in modo spedito. A metà aprile in Italia solo un adulto su quattro aveva ricevuto almeno una dose e appena uno su dieci aveva completato il ciclo vaccinale. Ad oggi, nell’Unione europea più di metà della popolazione adulta ha ricevuto almeno una dose di vaccino. In Italia la quota è quasi del 60% e circa il 30% della popolazione adulta ha completato l’intero ciclo di vaccinazione». Il presidente del Consiglio Mario Draghi, nelle comunicazioni alla Camera in vista del prossimo Consiglio europeo, ha riferito con soddisfazione gli ultimi dati.
«I rischi legati alle varianti, e in particolare alla cosiddetta ‘variante Delta‘, ci impongono – ha chiarito il premier – di procedere nella campagna vaccinale con la massima intensità. Dobbiamo inoltre continuare a concentrarci sui soggetti più fragili, come i più anziani, che sono maggiormente a rischio di morte o di ospedalizzazione. Non ci devono essere distrazioni».
Sul Green pass europeo il presidente ha rassicurato i turisti estivi. «Dal primo luglio, la certificazione sarà valida anche come certificato verde europeo, per poter viaggiare da e per i Paesi dell’Ue e dell’area Schengen. Intanto, consentiamo già, alle stesse condizioni di certificazione, l’ingresso in Italia dei turisti provenienti dalle stesse aree, dagli Stati Uniti, dal Canada e dal Giappone. Vogliamo permettere loro di venire in sicurezza in Italia, per aiutare i nostri albergatori e ristoratori a ripartire dopo un anno e mezzo di difficoltà».
Draghi ha quindi riconosciuto i limiti dell’Italia nella prima gestione della pandemia. «Come tanti altri Paesi si è trovata impreparata all’arrivo del Covid-19 – ha detto -. Non possiamo permettere che questo accada di nuovo. La Dichiarazione di Roma, approvata anch’essa al Global Health Summit, fornisce un’ottima base per una maggiore cooperazione e solidarietà internazionale in futuro».
Solidarietà che con il Consiglio europeo si esprimerà principalmente migliorando l’accesso ai vaccini dei Paesi più poveri. Non solo per una ragione etica, ma per una priorità sanitaria che non può più attendere. «Anche su questo fronte – ha detto – sono stati fatti importanti passi in avanti negli ultimi due mesi – rimarca il premier -. Sono molto soddisfatto del lavoro svolto al Global Health Summit, organizzato dall’Italia insieme alla Commissione europea a Roma il 21 maggio scorso. Il Summit è stato il preludio del Consiglio Europeo straordinario del 24-25 maggio in cui i Paesi dell’UE si sono impegnati a donare almeno 100 milioni di dosi di vaccini entro la fine dell’anno. L’Italia farà la sua parte e donerà 15 milioni di dosi».
«Sebbene in forte miglioramento, la situazione epidemiologica deve essere monitorata con attenzione. In particolare, dobbiamo tenere sotto controllo l’emergere e il diffondersi di nuove e pericolose varianti, che possono rallentare il programma di riaperture e frenare consumi e investimenti». «Bisogna trovare un equilibrio tra salute pubblica e libertà di movimento all’interno dell’Unione europea, bisogna essere più rigidi per evitare i tamponi ai bambini piccoli. La priorità è l’individuazione pronta dei focolai, l’azione di contrasto allo sviluppo dei focolai», ha aggiunto.
Infine le prossime tappe si delineano così: «Occorre continuare con le vaccinazioni, ricercare quelli che hanno più di 50 anni e non sono ancora vaccinati, se sono contrari convincerli, sono loro i futuri fragili. Siamo in un periodo in cui tutto appare roseo, ma non illudiamoci, abbiamo la lezione dell’anno scorso. Cerchiamo di essere più preparati. La cooperazione con le regioni è fondamentale per una pronta individuazione di varianti e focolai».
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