Grave attacco alla sanità cattolica in Eritrea. Nel paese del Corno d’Africa sono state requisite nei giorni scorsi 21 tra ospedali e cliniche cattoliche. A darne notizia l’AgenSIR, Il Servizio Informazione Religiosa, agenzia di stampa cattolica. I 21 centri confiscati si vanno ad aggiungere agli 8 centri già requisiti per un totale di 29. «Le […]
Grave attacco alla sanità cattolica in Eritrea. Nel paese del Corno d’Africa sono state requisite nei giorni scorsi 21 tra ospedali e cliniche cattoliche. A darne notizia l’AgenSIR, Il Servizio Informazione Religiosa, agenzia di stampa cattolica. I 21 centri confiscati si vanno ad aggiungere agli 8 centri già requisiti per un totale di 29.
«Le case dei religiosi sono state circondate e sorvegliate, tra insulti, intimidazioni e minacce al personale, con pazienti gravi costretti alle dimissioni – si legge in un articolo di Patrizia Caiffa – Centinaia di operatori sanitari che lavoravano nelle cliniche cattoliche hanno perso il posto di lavoro. La cosa più grave, è che circa 200mila persone, di tutte le religioni, che usufruivano di questi servizi in zone molto povere, rurali e isolate, dall’ospedale di Digsa nel distretto di Segheneyti all’Engerne health station non potranno più disporre di cure mediche».
«I vescovi delle quattro diocesi cattoliche (Asmara, Barentu, Keren e Segheneyti), da sempre impegnati per la riconciliazione nazionale, hanno inviato il 13 giugno una lettera di richiesta di spiegazioni al ministro della salute, denunciando “l’aperta violazione dei diritti della Chiesa” che però – si legge – resta “aperta e disponibile al dialogo e alla mutua comprensione”. Nel frattempo ha indetto tre settimane di preghiera e digiuno fino al 12 luglio. Al momento, però, nessuna risposta ufficiale è ancora arrivata».
La diaspora eritrea ha annunciato mobilitazioni e sit in di protesta. È già partita una raccolta firme ma anche gli esuli vengono presi di mira, come documentato da un recentissimo rapporto di Amnesty international “Eritrea, repressione senza frontiere”.
Ma perché tutto questo? In una nota ufficiale l’Ambasciata eritrea a Roma ricorda che «l’Eritrea permette a tutte le confessioni di esercitare liberamente il loro credo, nel rispetto della legge 73 del 15 luglio 1995, poiché la società eritrea è una società multietnica e multiconfessionale, lo Stato dell’Eritrea è per definizione uno Stato laico». Per quanto riguarda la vicenda dei centri medici, precisa la sede diplomatica, «non si tratta di chiusura bensì di passaggio di gestione, secondo quanto sancito dalla legge 73/1995». Nella nota viene ricordato che «i piani di sviluppo sociale e di servizi sociali sono di pertinenza governativa e il laicismo, nel quale lo Stato eritreo si riconosce, implica una netta separazione di ruoli, senza che la libertà di culto ne sia minacciata».