Il tribunale ha riconosciuto a 490 camici bianchi altri 15 milioni di euro e ha riformato la posizione di altri 172 medici tutelati da Consulcesi che avevano perso in primo grado. Il senatore dell’Unione di Centro, primo firmatario di un disegno di legge per un accordo transattivo con il governo: «Circa 560 circa medici che hanno avuto ragione, ma ce ne sono altri 118mila che stanno aspettando»
«Facciamo passare questo ddl, oppure il governo faccia un suo intervento: è importante fare giustizia rispetto a un tema così importante». Il Senatore Antonio De Poli, Udc, torna sul tema del diritto alla remunerazione degli ex specializzandi e rilancia il disegno di legge di cui è primo firmatario per un accordo transattivo che conterrà i costi del contenzioso di 5 miliardi. Lo fa all’indomani della sentenza della Corte d’Appello di Roma, ottenuta da Consulcesi, che ha riconosciuto a 490 camici bianchi altri 15 milioni di euro e ha riformato la posizione di altri 172 medici che avevano perso in primo grado, aggiungendo 4 milioni di euro in loro favore. «Non è un fattore strettamente economico – continua De Poli – È rendere giustizia. Io credo che oggi questo sia un incentivo proprio morale e culturale per migliaia di medici che vogliono sentire riconosciuto un proprio percorso professionale».
Senatore, parliamo del tema degli ex specializzandi di cui lei si è occupato essendo tra i firmatari di un disegno di legge per una transazione, che è tornato d’attualità per una recente sentenza di una Corte d’Appello che, ribaltando il giudizio in primo grado, dà ragione ai medici che non erano stati retribuiti durante la specializzazione…
«Una sentenza che mette un po’ di giustizia su questo tema. Si tratta di circa 560 circa medici che hanno avuto ragione, ma ce ne sono altri 118mila che stanno aspettando giustizia. Noi proprio per questo motivo abbiamo presentato, io come primo firmatario, un disegno di legge che va a definire una transazione facendo risparmiare allo Stato circa 5 miliardi di euro: credo che questo sia un modo serio e concreto per combattere la burocrazia, fare giustizia rispetto a un tema così importante in un momento di grande difficoltà dove mancano decine di migliaia di medici, dove non abbiamo medici all’interno dei nostri ospedali, dove non abbiamo infermieri. Quindi io credo che per dare una risposta, un segnale in questo momento a tutti i nostri medici, dobbiamo fare giustizia: diamo queste risposte, facciamo passare questo Ddl, oppure il governo faccia un suo intervento, non è un problema di chi vuole essere il più bello e il più bravo, ma bensì un problema reale e concreto della sanità e della salute dei nostri cittadini. Oggi dobbiamo tenerci i medici che abbiamo, con questo forse riusciamo a tenerli all’interno delle nostre corsie per un po’ più di tempo».
Anche perché non è solo una questione di risparmio del rimborso che viene dato ai medici, sono le sentenze a certificarlo, ma questo ribaltamento di una sentenza di primo grado che fa seguito ad altri casi di questo genere, dimostra anche che le aule giudiziarie, che già sappiamo intasate, vengono impiegate in questa vicenda che ormai anche a livello europeo è stata identificata come un diritto dei medici ad essere risarciti…
«Certamente sì. Come diceva lei, non è un fattore strettamente economico. È rendere giustizia. Io credo che oggi questo sia un incentivo proprio morale e culturale per migliaia di medici che vogliono sentire riconosciuto un proprio percorso professionale e oggi possono dire finalmente: anche lo Stato italiano, la sanità italiana e quindi i cittadini hanno riconosciuto il nostro percorso e forse questo li incentiva a rimanere all’interno della struttura sanitaria e non andar via».
Abbiamo visto recentemente i dati su quota 100 che è un altro provvedimento che incentiva tantissimi dipendenti del Servizio sanitario a scegliere il prepensionamento agevolato da questa norma di legge. Questo può svuotare i servizi sanitari, quindi questa transazione potrebbe garantire un ulteriore risparmio di risorse per la sanità e permettere nuove assunzioni…
«Assolutamente sì. Qui entriamo in un campo importante che è la formazione, il percorso all’interno delle università, il numero chiuso, quindi dobbiamo capire quanto oggi dobbiamo allargare rispetto ad una richiesta importante, quanti incentivi dobbiamo dare alle scuole di specializzazione, anche perché formiamo medici, poi mancano posizioni e molti vanno all’estero perché non ci sono posti a sufficienza. Credo che dobbiamo fermarci con attenzione su questo punto perché la salute è il bene primario per tutti noi e di conseguenza chi ci dà la possibilità di essere curati sarebbe fondamentale che ci sia e ci sia nel migliore dei modi per dare queste risposte».