Il tavolo tecnico per il lavoro delle donne in sanità è stato fortemente voluto e istituito dal Sottosegretario Sileri. Ora il testimone passa al nuovo governo che deciderà se e come darvi attuazione
In Italia la maggior parte del personale sanitario è di sesso femminile (69%), ma solo un quarto occupa posizioni di leadership. Se lo immaginassimo come una sorta di imbuto rovesciato, (ed è proprio così che appare nei grafici) vedremmo che il rosa occupa gran parte del fondo, del mondo dei corsi di laurea e delle scuole di specializzazione, per poi diminuire progressivamente man mano che si arriva più in alto, ai vertici delle gerarchie lavorative: quella cima dell’imbuto è ancora oggi, nel 2022, appannaggio prevalentemente maschile. In ambito accademico la situazione è ancora più preoccupante: i professori ordinari uomini superano di cinque volte le donne che ricoprono la medesima carica.
Eppure nel PNRR il superamento del gender gap è indicato come priorità trasversale, da perseguire in ognuna delle varie Missioni che compongono il piano. Un obiettivo ambizioso, per raggiungere il quale sarà necessario non solo implementare gli aspetti infrastrutturali necessari, ma scardinare una cultura decennale secondo la quale la parità di genere, sul piano concreto, è ancora un tabù.
Per rispondere a questa sfida, nell’aprile del 2022 il Sottosegretario di Stato alla Salute Pierpaolo Sileri istituiva un Tavolo Tecnico ad hoc per la volorizzazione professionale delle donne in sanità. Una squadra al femminile per elaborare una strategia multifattoriale e multidisciplinare di soluzioni condivise per arrivare ad una gender equality in sanità. Il documento prodotto dal Tavolo, coordinato dalla dottoressa Micaela Piccoli, Direttore dell’UOC di Chirurgia Generale, d’Urgenza e Nuove Tecnologie presso l’Ospedale Civile Sant’Agostino Estense (OCSAE) di Baggiovara (Modena), può considerarsi uno degli importanti lasciti da parte del governo uscente a quello di prossimo insediamento, nella speranza che possa dar seguito a quanto iniziato. Un lavoro importante e necessario, che ci ha descritto nei particolari proprio la coordinatrice dottoressa Piccoli.
«Il nostro gruppo di lavoro – spiega – composto da donne con ruoli apicali e non apicali in ambito sanitario, si è ulteriormente diviso in quattro sottogruppi: uno sulla formazione, uno sulle normative e processi da aggiornare, uno sugli aspetti da implementare nelle aree ostili, e uno sulla ricerca in ambito accademico. La direttrice da seguire constava di tre fattori: contesto attuale, criticità, e proposte concrete ad impatto immediato o strategie sul lungo periodo. Il risultato di questo lavoro è stato un documento particolarmente ricco, che ha a sua volta individuato quattro macro aree di intervento. La prima riguarda la necessità di riconoscere e valorizzare il lavoro femminile in sanità attraverso infrastrutture pubbliche e politiche che coinvolgano il sociale. Molto spesso – sottolinea la coordinatrice – infatti la partecipazione delle donne al lavoro è fortemente correlata ai carichi familiari, perché le donne si fanno carico del 74% delle ore di lavoro non retribuito di assistenza e cura, con 5 ore al giorno che la donna dedica alle cure familiare a fronte di circa 1 ora e mezzo degli uomini. Questo impatta moltissimo su ciò che le donne possono poi dare in ambito lavorativo, e di fatto rende loro difficilissimo poter accedere o addirittura ambire a posizioni di leadership».
«Nella pratica – elenca la dottoressa Piccoli – implementare le politiche familiari, a cominciare dal congedo di paternità che deve essere incentivato per aumentare la cultura della divisione del lavoro familiari tra uomini e donne. Aumentare gli asili aziendali ma soprattutto renderli davvero fruibili con orari flessibili, non solo 8-17, perché le donne in sanità lavorano su turni anche notturni. Prevedere per le donne modalità di lavoro più flessibili, tra cui lo smartworking dove possibile. Purtroppo ancora oggi chi lavora part time viene escluso dalle posizioni di leadership e questo è discriminante. Ancora, implementare l’uso della tecnologia nel lavoro femminile che possa promuoverne l’empowerment, attraverso politiche di sostegno alla formazione e percorsi mirati ad eliminare il gap formativo che tuttora esiste in ambito teconologico/informatico a svantaggio della donna. Attivare inoltre meccanismi di certificazione per monitorare il processo di incentivazione pari opportunità e superamento disparità di genere, e inserire criteri di gender equality all’interno dei direttivi delle società scientifiche. È fondamentale infine a livello formativo – afferma – superare il retaggio culturale per le quali le donne ricevono una sorta di imprinting che le spinge a scegliere percorsi in ambito umanistico-assistenziale e nell’insegnamento, campi in cui il lavoro è tendenzialmente meno retribuito».
«Vediamo alcune specializzazioni a forte componente femminile – aggiunge ai nostri microfoni Rossana Ugenti, DG Professioni Sanitarie e risorse umane del SSN presso il Ministero della Salute – come Pediatria ad esempio, mentre altre, come la Cardiochirurgia restano branche a forte connotazione maschile. Si tratta di reimpostare dei modelli culturali, inserendo già nei percorsi formativi universitari le tematiche della medicina di genere. È necessario poi investire per consentire alle specializzande di conciliare al meglio i carichi familiari e il lavoro: asili nido, permessi per allattamento, che esistono già per le donne nel mondo del lavoro ma non per quelle in formazione. Le donne possono scegliere di dedicarsi alla carriera e mettere da parte il desiderio di maternità, ma in questo caso è importante aumentare la loro consapevolezza sulla possibilità che, se un domani volessero invece affrontare una maternità, con le tecniche di crioconservazione è possibile. È importante – sottolinea Ugenti – perché entrando in quest’ottica non si parla più di rinuncia, ma di scelta consapevole che comunque non preclude in futuro di intraprendere un percorso genitoriale. La scelta di oggi non deve necessariamente sbarrare le porte a un desiderio futuro, ma di questo purtroppo sono in poche a conoscenza. Anche questi aspetti devono secondo noi entrare nella formazione, per far conoscere alla donna in formazione o già in carriera tutte le possibilità».
«Quando ci siamo sedute attorno al tavolo – osservano Piccoli e Ugenti – nessuno si è domandata delle rispettive tendenze politiche. Qui la politica c’entra ben poco, perché si parla di esigenze reali e concrete del nostro Paese, si parla di superare criticità oggettive. È un documento che non ha colori o bandiere, un testamento politico del governo uscente che vuole proporre risposte che riguardano non solo le donne, a cui direttamente il testo si rivolge, ma il futuro del tessuto sociale del nostro Paese. Attendiamo quindi con fiducia – concludono – le azioni che il prossimo governo ci auguriamo intraprenda in merito alle tematiche da noi sollevate».
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