Ghouta Orientale è una regione vicina a Damasco. Dopo un lungo controllo dei ribelli, nei giorni scorsi il 70% del territorio è stato riconquistato, anche grazie ad intensi attacchi e bombardamenti, dalle forze governative del Presidente Assad e dai suoi alleati. L’organizzazione Medici Senza Frontiere, presente nella zona per garantire ai feriti le cure e […]
Ghouta Orientale è una regione vicina a Damasco. Dopo un lungo controllo dei ribelli, nei giorni scorsi il 70% del territorio è stato riconquistato, anche grazie ad intensi attacchi e bombardamenti, dalle forze governative del Presidente Assad e dai suoi alleati. L’organizzazione Medici Senza Frontiere, presente nella zona per garantire ai feriti le cure e l’assistenza di cui hanno bisogno, riporta il racconto della direttrice di uno degli ospedali gestiti da MSF nella regione.
«La maggior parte della popolazione di Ghouta Est vive sottoterra. L’assistenza sanitaria è fornita nei seminterrati. Gli ultimi cinque anni di continui bombardamenti sono stati molto difficili, ma niente in confronto all’ultimo mese. Nel seminterrato in cui lavoriamo abbiamo creato diverse sale operatorie, ma il reparto di terapia intensiva più vicino è a molti chilometri e la strada per raggiungerlo è troppo pericolosa. Qualche giorno fa un bombardamento ha colpito un’area molto vicina all’ospedale, causando sette morti, tre dei quali erano bambini. Nelle ultime 24 ore abbiamo eseguito 17 operazioni chirurgiche importanti avendo a disposizione macchinari e forniture limitati. Uno dei problemi principali è la trasfusione di sangue. La banca del sangue dista solo sette chilometri, ma con i continui bombardamenti è come se fossero 70. È impossibile arrivarci.
Nelle prime due settimane dell’offensiva, ogni giorno più di 300 feriti e 70 morti venivano portati nelle strutture di Medici Senza Frontiere. 15 di queste strutture sono state colpite dai bombardamenti. Quattro dei medici con cui collaboriamo sono stati uccisi, 20 sono stati feriti. Non sappiamo se i sintomi dei pazienti che arrivano con difficoltà respiratorie sono causati da agenti chimici, né possiamo verificare le storie dei civili con ferite da arma da fuoco che dicono di essere stati bersaglio dei cecchini nell’area controllata dai ribelli. Quello che possiamo fare è continuare a cercare di utilizzare nel modo più efficiente possibile le forniture sanitarie che ci rimangono; e possiamo ripetere alle parti combattenti che i civili intrappolati a Ghouta Est non sono né obiettivi né vittime sacrificabili in nome di una vittoria militare.
La situazione è estremamente critica. I medici e gli operatori sanitari presenti sul campo sono esausti e non riescono a dormire, perché vengono continuamente svegliati dai combattimenti o dall’arrivo di feriti. Hanno tutti perso peso in modo preoccupante, visto che si mangia poco, o addirittura niente. Tutto questo deve finire. Non possiamo continuare a vedere bambini morire».