Il colera era scomparso dal Libano dal 1993 ma da un mese la malattia è tornata. Nel Paese dei Cedri, in preda a una profonda crisi economica, le ONG temono che il sistema sanitario già in ginocchio non possa farsi carico anche dell’ondata epidemica
Si pensava che fosse stato debellato quasi 30 anni fa ma il colera sta tornando in Libano. Mentre un tempo l’epidemia era concentrata nei campi profughi siriani nel nord del Paese ora la malattia mortale si è diffusa. Le Organizzazioni Non-Governative stanno lanciando l’allarme e stanno lottando per contenere la diffusione mentre il Paese è ancora immerso in una profonda crisi economica, politica e sociale. Questa è la prima epidemia di colera nel Libano dal 1993 ed è scoppiata per la prima volta nella vicina Siria. Il primo caso è stato registrato lì il 10 settembre 2022 e, secondo l’Oms, a metà ottobre erano già stati registrati più di 20.000 casi sospetti di diarrea acquosa acuta e 75 decessi.
L’epidemia si è rapidamente diffusa nel nord del Libano con il primo caso segnalato il 6 ottobre scorso, dove vivono circa 1,5 milioni di siriani fuggiti dal loro Paese in guerra. I campi profughi siriani, in particolare quelli del governatorato di Akkar e quello di Baalbek-Hermel, sono stati i primi ad essere colpiti visto che la maggior parte dei profughi siriani in Libano vive nella più totale miseria e le loro condizioni di vita sono peggiorate con la grave crisi economica che sta attraversando il Paese. E così l’epidemia si è diffusa sul territorio: «C’è un’accelerazione nella diffusione dell’epidemia», ha dichiarato il ministro della Salute libanese, Firas Abiad, durante una conferenza stampa a Beirut, aggiungendo: «La stragrande maggioranza dei casi sono rifugiati siriani. Ma abbiamo iniziato a notare un aumento dei casi tra i libanesi». I casi confermati di colera sono alla fino di ottobre saliti a quasi 450 persone infette e sono stati registrati dieci decessi, secondo il ministero della Salute libanese. Secondo Medici Senza Frontiere, che ha citato i dati del ministero della Salute: «Circa il 20% delle persone infette sono libanesi». Una diffusione purtroppo prevedibile, secondo Bertrand Bainvel, vicedirettore regionale dell’ Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF) per il Medio Oriente e il Nord Africa, per il quale «il colera non conosce confini e linee di controllo. Si diffonde in base ai movimenti della popolazione, compresi gli sfollati».
Il colera è un’infezione causata da un batterio, il bacillus vibrio cholerae o colera vibrio, che colpisce solo l’uomo. Nonostante molte persone infette siano asintomatiche o sviluppino sintomi lievi, questa malattia diarroica acuta può essere molto pericolosa. Può uccidere in poche ore se non viene trattata. L’infezione viene solitamente acquisita da cibo o acqua contaminati e provoca diarrea e vomito. Il colera si sviluppa in aree spesso molto popolate, prive di adeguate reti igienico-sanitarie e dove l’accesso all’acqua potabile è limitato. Ed è proprio la crisi dell’acqua potabile che il paese sta attraversando ad essere individuata come una delle cause del ritorno del colera nel Paese. In Libano, l’approvvigionamento idrico è un grave problema nella vita quotidiana scandita da ripetute interruzioni nell’erogazione nonostante il Paese benefici di risorse piuttosto abbondanti con le sue montagne innevate in inverno, ma le infrastrutture di distribuzione ormai obsolete e la mancanza di depositi creano enormi difficoltà di approvvigionamento per la popolazione. Per il ministro della Salute «l’acqua contaminata è una delle principali ragioni di trasmissione del contagio, ma anche il consumo di frutta e verdura contaminata». Firas Abiad, che non ha parlato delle difficoltà di accesso all’acqua potabile nel paese, ha anche detto che «l’acqua inquinata risultata contaminata è stata utilizzata per l’irrigazione». Secondo Marcelo Fernandez, capo missione di MSF in Libano, «l’attuale epidemia è legata a un problema generale di igiene dell’acqua. Anche a Beirut i blackout sono molto frequenti. Lavoriamo con i generatori. E senza elettricità, nessuna pompa per purificare l’acqua. Le persone acquistano da fonti individuali che non sono controllate e che possono essere inquinate. Il colera in Libano è un problema strutturale fondamentale per la depurazione dell’acqua», poi ha concluso sostenendo che «il colera non si sviluppa nei Paesi dove l’acqua è adeguatamente trattata».
L’altra questione che spaventa il cosiddetto Paese dei Cedri è quella del vaccino contro il colera. In effetti, sono stati sviluppati diversi vaccini orali ma secondo l’OMS la moltiplicazione dei focolai nel mondo ha portato a una situazione di grande carenza. L’agenzia delle Nazioni Unite ha annunciato il 19 ottobre: «Ora somministreremo solo una dose del vaccino contro il colera invece delle due raccomandate, per poter curare più persone. Vogliamo riuscire a portare il vaccino contro il colera in Libano», e il ministro della Salute libanese si è giustificato così: «Purtroppo c’è una carenza internazionale di vaccini. Ora abbiamo diverse promesse che il vaccino sarà presto disponibile». Secondo il capomissione di MSF in Libano il Paese ha richiesto 600.000 dosi di vaccini, e dovrebbe ricevere una risposta nei prossimi giorni. Quanto basta per curare l’inizio dell’epidemia ma di certo non abbastanza per poterla arginare.
Questa epidemia è un altro duro colpo per il settore sanitario già sovraccarico. Il sistema sanitario libanese è già duramente colpito dalla crisi finanziaria che da tre anni mette in ginocchio il Paese. A Beirut, il sistema è ulteriormente messo alla prova dall’esplosione nel porto di Beirut avvenuta il 4 agosto 2020, che ha distrutto diverse infrastrutture mediche essenziali nella capitale. Le auorità che sono consapevoli di trovarsi di fronte ad una situazione drammatica temono un’intensificazione dell’epidemia e confessano di non essere preparate. Secondo il ministro della Salute, anche con gli aiuti umanitari, il settore sanitario farebbe fatica a far fronte a un’epidemia su vasta scala. Secondo le associazioni umanitarie che operano in Libano, il Paese ha urgente bisogno di fondi. L’UNICEF nel lanciare l’allarme stima che serviranno 40,5 milioni di dollari per sconfiggere l’epidemia di colera in Siria e Libano, di cui circa 30 milioni solo per il Libano. Questi fondi verrebbero utilizzati per fornire, tra le altre cose, soluzioni per la reidratazione orale, per curare la disidratazione causata da diarrea e kit per il trattamento del colera contenenti farmaci, linee endovenose, nonché attrezzature per proteggere gli operatori sanitari come secchi, stivali, cloro e teli di plastica. L’ UNICEF afferma «di aver già fornito al Libano attrezzature per curare 5.000 casi di colera, oltre ai kit per il colera forniti da MSF e che hanno consentito la cura di circa 3.100 pazienti». Il problema è che data la portata dell’epidemia sul versante siriano, dove ci sono decine di migliaia di casi, tutti questi sforzi potrebbero non essere sufficienti per arginare l’epidemia libanese.
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