«La gestione dell’infodemia è una priorità». Lo scrivono nero su bianco i ministri della Salute al termine del G7 che si è svolto nei giorni scorsi a Nagasaki, in Giappone. Si tratta della prima riunione tra i dicasteri delle sette “grandi” nazioni della Terra che si svolge dopo la fine dell’emergenza sanitaria internazionale per il […]
«La gestione dell’infodemia è una priorità». Lo scrivono nero su bianco i ministri della Salute al termine del G7 che si è svolto nei giorni scorsi a Nagasaki, in Giappone. Si tratta della prima riunione tra i dicasteri delle sette “grandi” nazioni della Terra che si svolge dopo la fine dell’emergenza sanitaria internazionale per il Covid-19 dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità. Il documento approvato da tutti i Paesi del G7 Salute, Italia compresa, contiene le misure da adottare per promuovere una maggiore collaborazione per un «futuro più sano». Tra le indicazioni riportate c’è proprio «la gestione dell’infodemia e della disinformazione sui vaccini».
Non è però il primo documento internazionale che riporta l’esigenza di contrastare la minaccia infodemica. Si parla di controllo della misinformazione e della disinformazione nelle “Lezioni provenienti dalla pandemia Covid-19” redatto di recente dall’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Per disinformazione si intende un contenuto falso intenzionalmente costruito per creare un danno; quando la disinformazione viene condivisa di solito si tramuta in misinformazione: i contenuti sono ugualmente falsi, ma la persona che li condivide non lo sa. «Gli istituti di sanità pubblica devono rafforzare la loro capacità di comunicare», scrive l’Ecdc che consiglia di formare gli staff delle istituzioni sanitarie nella comunicazione del rischio e nella gestione dell’infodemia.
Valutazioni simili sono contenute già da tempo nei report dell’Organizzazione mondiale della sanità. Nelle ultime linee guida per «Rafforzare la pianificazione della preparazione alla pandemia per i patogeni respiratori», l’Oms scrive: «Le analisi globali delle pandemie A(H1N1) e Covid-19 hanno documentato che l’impegno attivo con le comunità era e rimane la chiave per identificare e affrontare miti, preoccupazioni e disinformazione». Per questo si suggerisce di investire sulla «costruzione della fiducia» attraverso le buone pratiche alla base della comunicazione del rischio.
Anche l’Italia sta recependo gli indirizzi internazionali sull’infodemia nei suoi più recenti documenti. Si parla di «necessità di contrastare l’esitazione vaccinale e la diffusione della disinformazione», nella bozza di fine marzo del nuovo Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025 del Ministero della Salute anticipata da Quotidiano Sanità. Tuttavia, nel documento si cita l’infodemia con sfumature diverse da quelle che mettono in evidenza le altre istituzioni. L’infodemia viene definita come un fenomeno che «ha causato un sovraccarico informativo ed emotivo», ma nei successivi passaggi del documento ancora in bozza viene ad assumere un’accezione positiva che la fa avvicinare ad un altro concetto presente nella letteratura: quello della health literacy o alfabetizzazione sanitaria della popolazione. Infatti, recita il testo, «alcuni recenti dati mostrano che (l’infodemia) ha anche portato un aspetto positivo, determinando un aumento dell’alfabetizzazione sanitaria interattivo-critica di almeno una parte della popolazione».
Una lettura che non tiene conto della definizione che l’Oms dà di infodemia. Non solo legato alla ridondanza e al “sovraccarico informativo”, ma come un fenomeno che includendo “informazioni false o fuorvianti” provoca “confusione e comportamenti rischiosi che possono nuocere alla salute”. Esiti che abbiamo visto emergere con forza negli ultimi anni a proposito di esitazione vaccinale e di approcci dannosi per la salute che si sono diffusi nei primi mesi di pandemia da Covid-19 riguardo a terapie e misure di prevenzione.
Articolo a cura di Diana Romersi – Giornalista e Infodemic manager accreditata OMS
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