Dopo il piccolo studio che ha mostrato un’efficacia del 10% del vaccino AstraZeneca contro le forme moderate di variante sudafricana, in Sudafrica le somministrazioni sono state bloccate. L’Australia però dipende dal siero inglese e non si fa convincere da un’indagine non pubblicata
Somministrazioni del vaccino AstraZeneca sospese in Sudafrica, secondo uno studio su piccola scala è efficace al 10% sulle forme moderate della nuova variante. Il provvedimento, sebbene temporaneo, ha mosso immediatamente la autorità sanitarie degli altri paesi che attendono il vaccino dopo l’approvazione.
L’Australia, che beneficerebbe del prodotto inglese più di altri, è corsa subito ai ripari, rassicurando i cittadini sull’efficacia del siero inglese, in attesa di essere confermato dalla Therapeutic Good Administration e implementato a marzo. «Ad oggi non ci sono prove che il vaccino non sia efficace con le varianti – ha detto il prof. Paul Kelly ai giornalisti – e questi sono i fatti».
Del resto, la piccola ricerca portata avanti in Sudafrica non mostra un’efficacia totalmente mancante. Contro le forme gravi il vaccino funziona, questo va chiarito. È con le forme leggere e moderate che sembrerebbe avere delle falle. Fatto che, se dimostrato, non permetterebbe comunque di frenare la diffusione del virus. Ma che necessita di una sicurezza molto più grande di quella che ora c’è. «Qualsiasi vaccino è meglio di nessun vaccino» ha aggiunto la professoressa Mary Louise McLaws, epidemiologa e consulente Oms. «Chi può lo faccia, anche se non dovesse funzionare al 100%, aiuterebbe a frenare morti e ricoveri».
Anche AstraZeneca ha minimizzato gli effetti dello studio, che non è ancora stato pubblicato in peer review. «Anche se non siamo stati in grado di verificarne adeguatamente l’effetto contro le malattie gravi e il ricovero in ospedale dato che i soggetti erano prevalentemente adulti giovani e sani, crediamo che il nostro vaccino proteggerà ancora da malattie gravi per la variante B1351, in particolare quando l’intervallo di dosamento è ottimizzato a 8-12 settimane», è stato lo statement dell’azienda.
In contemporanea, però, la compagnia sta già realizzando un vaccino “adattato” alla variante sudafricana. Ma servirà del tempo, anche se il prodotto AstraZeneca è basato su vettore virale, che è la seconda metodologia più facile da modificare dopo l’mRna. «Un conto è adattarne uno, un conto nove miliardi» ricorda Kelly.
L’Australia ha messo in chiaro che si sta tenendo in stretto contatto con il Regno Unito, dove il vaccino AstraZeneca è stato già largamente distribuito. E che i risultati sono quelli di un prodotto «molto sicuro».
La soluzione più facile ora sarebbe dare a tutti il vaccino Pfizer, che ad oggi è il prodotto che performa meglio contro Covid-19. Tuttavia «non ce n’è abbastanza e la pressione sull’offerta è significativa». Tutto il mondo ne vuole, questa è la traduzione. L’Australia ne avrà 20 milioni di dosi nel 2021, l’equivalente del 40% della popolazione. Il resto dovrebbe ricevere AstraZeneca, in produzione a Melbourne e in attesa di approvazione, e Novavax in arrivo tra qualche mese.
C’è poi l’opzione di mischiare i vaccini, al momento in sperimentazione in Regno Unito. «È un’opzione che vale la pena considerare – ha detto McLaws -. Senza di essa, il rischio è che le persone vaccinate con AstraZeneca (in gran parte la coorte tra i 20 e i 39 anni) non possano essere completamente protette dal Covid-19». E sono oltre la metà di tutte le persone che si sono ammalate lo scorso anno, in quanto mobili e pieni di attività.
L’Australia per ora, con gli “hotel quarantena“, sta riuscendo a non essere intaccata dalle varianti. Anche se da venerdì ci sono stati 87 campioni di B117, la variante inglese, rilevati in quarantena alberghiera in Australia e 18 di B1351, la variante sudafricana. Una dimostrazione che lo “scongiurato pericolo” non arriverà quando la popolazione sarà vaccinata, ma solo tempo dopo, quando tutto il mondo sarà per la maggior parte Covid-free.
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