Nell’ambito del progetto europeo 4e-Parent l’Istituto superiore di sanità ha presentato un nuovo pacchetto di misure mirate a dare più spazio ai congedi dei padri per migliorare la salute dei figli, delle figlie e delle mamme
Riformare i congedi per i padri per assicurare la salute e il benessere delle bambine e dei bambini e correggere l’ineguale distribuzione della cura e favorire l’occupazione femminile, e dunque anche la natalità, allineando l’Italia – che è uno dei Paesi europei con il minor numero di giorni di congedo adeguatamente retribuiti per i padri e con il massimo divario fra congedi materni e paterni – al resto d’Europa. La proposta, con un pacchetto di misure, viene dal progetto europeo 4e-Parent, ed è stata recentemente presentata ai politici in vista della legge di Bilancio durante una conferenza dal titolo “Il tempo dei papà”.
Il progetto, che si avvale di un finanziamento europeo, vede l’Istituto superiore di sanità capofila e la partecipazione di diversi partner. Sono diversi, spiegano gli esperti, i vantaggi che derivano da un maggiore coinvolgimento del padre nell’accudimento, soprattutto nei “primi mille giorni”. Secondo quanto riferito dall’Iss, bambine e bambini il cui padre sia stato attivamente coinvolto in età evolutiva mostrano ad esempio più elevati livelli di competenza cognitiva e sociale, maggiore capacità di empatia, migliore autoregolazione e autostima e migliori progressi scolastici. La presenza partecipe del padre sin dai primi momenti inoltre diminuisce i rischi durante la gravidanza e il parto, può contribuire all’aumento della occupazione femminile e promuove le ‘mascolinità accudenti’, diminuendo il rischio di violenza domestica.
I promotori chiedono anche di cambiare il nome da “congedi parentali” a “congedi genitoriali“. “Non dovrebbero servire prove per dimostrare che la partecipazione dei padri all’accudimento è vantaggiosa per l’intera famiglia”, osserva Angela Giusti, ricercatrice del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità e responsabile del coordinamento scientifico del progetto. “Eppure, queste prove le abbiamo”, aggiunge.