A Kabul le sparatorie sono andate avanti nella notte, l’Afghanistan si sveglia in un mondo diverso. Zanin, medico Emergency, descrive l’ospedale pieno e aperto solo a feriti gravi. I talebani, dice, hanno chiesto un incontro
È il terzo giorno dalla presa del potere dei talebani a Kabul e sono ancora migliaia le persone che stanno cercando di lasciare la capitale. L’Afghanistan si è svegliato in un mondo diverso e le notizie che arrivano parlano di ricerche porta a porta per scovare oppositori, donne e filo-occidentali. Solo ieri 10 persone sono morte nel tentativo di aggrapparsi agli aerei americani che lasciavano il paese, una è stata trovata nel vano carrello all’arrivo. Immagini tragiche impossibili da accettare.
La NATO ha annunciato di avere in programma una riunione per discutere della situazione, definita seria e imprevedibile. La caduta di Kabul era inattesa, ha detto Jens Stoltenberg a capo dell’Alleanza Atlantica, facendo intendere che la leadership del paese ha fallito nella sua difesa. Intanto la maggior parte dei negozi e degli uffici in città resta chiusa e le donne sono tornate ad indossare abiti più tradizionali «in via preventiva». I portavoce talebani hanno voluto rassicurare i cittadini dicendo che tutto tornerà presto alla normalità, ma c’è una comprensibile sfiducia nelle promesse degli occupanti da parte della popolazione.
Alberto Zanin, responsabile medico per Emergency in uno degli ospedali a Kabul, ci aiuta a fare un quadro della situazione. «Nelle ultime 24 ore in ospedale abbiamo visto passare 63 pazienti, di questi solo 8 sono stati ammessi perché in condizioni estremamente critiche con ferite d’arma da fuoco. Qui ammettiamo solo pazienti in pericolo di vita. Altri 46 pazienti sono passati nel nostro pronto soccorso, hanno ricevuto le cure di primo soccorso e sono stati trasferiti poi in altri ospedali governativi della città per ulteriori cure e indagini diagnostiche». Una escalation precipitata in qualche ora.
«Dei 63 pazienti – aggiunge – 9 erano morti all’arrivo, tra questi 4 venivano direttamente dall’aeroporto dove ci sono state sparatorie per tentare di placare la rivolta e il tentato accesso ai voli internazionali. Altri 3 pazienti arrivati dall’aeroporto con ferite da proiettili sono ora ricoverati». L’ospedale ora ha terapie intensive e sub-intensive piene, 99 pazienti ricoverati e solo 14 posti ancora liberi per le emergenze. «La maggior parte è in condizioni critiche», spiega con tono asciutto e risoluto quella che è una dinamica di guerra.
Zanin descrive una Kabul poco trafficata, con meno persone in giro. Gli avamposti dei talebani fermano per controlli effettuati da persone armate. «Durante la notte – racconta – abbiamo sentito numerose raffiche di kalashnikov. Le persone sono preoccupate, ma la situazione in aeroporto sembrerebbe migliore, c’é meno calca e dovrebbe stabilizzarsi in giornata – continua -. Ieri è riuscito ad atterrare e ripartire un aereo tedesco e questo ci dà speranze per quanto riguarda una prossima, possibile riapertura dello scalo».
Focolai di resistenza hanno generato sparatorie nel quartiere di Qaraba, da cui sono arrivati numerosi feriti anche nell’ospedale. Intanto la situazione epidemiologica è in rapida diminuzione: Zanin ricorda che il picco è stato ormai un mese fa. In questo momento nell’ospedale Emergency non si trovano casi Covid. «Non mi risulta vero – spiega Zanin in risposta alla domanda di Sanità Informazione – che sarà impedita la somministrazione del vaccino anti-Covid, anzi i talebani dimostrano importante interesse nei riguardi della salute e della cura. Vero è che sono venuti a cercarci per avere un colloquio rispetto a ciò che Emergency fa nel paese».
Le donne che lavorano nell’ospedale continuano a recarsi sul posto, sebbene con abiti più tradizionali di quelli a cui erano abituate. Alcune, spiega Zanin, rivestono ruoli di responsabilità e per ora non hanno mostrato difficoltà nell’arrivare in ospedale. I talebani non sembrano per ora voler imporre regole ferree, ma quello che si teme è che quando l’attenzione mediatica sull’Afghanistan si sarà spenta inizieranno le imposizioni.
Unicef Italia ha avvertito che in questo momento ci sono 400mila persone in fuga dall’Afghanistan, di cui metà sono bambini. La richiesta del portavoce Andrea Iacomini è stata quella di permettere loro di trovare un porto sicuro. Matteo Biffoni, delegato ANCI per l’Immigrazione, ha riportato la disponibilità dei sindaci italiani all’accoglienza di famiglie afghane. «I sindaci italiani – è stato il messaggio – sono pronti a fare la loro parte nell’accogliere le famiglie afghane. Non c’è tempo da perdere, sappiamo bene come i civili che hanno collaborato con le nostre missioni in Afghanistan oggi siano in forte pericolo, soprattutto donne e minori».
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