Italia al timone del nuovo corso con D’Autilia presidente del Consiglio Europeo degli Ordini dei Medici
L’Italia tiene in mano le briglie dell’Europa. E lo fa in una fase estremamente delicata: sul profilo economico così come sul piano politico internazionale.
Ma il semestre del Parlamento europeo a guida tricolore coincide anche con la nomina di Nicolino D’Autilia al vertice del CEOM, l’organizzazione che riunisce tutti i medici del vecchio Continente. Un’occasione d’oro per mettere la sanità al centro dell’agenda dell’Ue.
Sembra che sia davvero il momento giusto per parlare di sanità.
I temi da affrontare sono tanti e in linea anche con il nostro Ministero della Salute, come la direttiva sulle cure transfrontaliere, e il problema della responsabilità professionale che in Europa viene sentito un po’ meno rispetto all’Italia, in quanto in altri Paesi non c’è quel clima di “persecuzione” nei confronti dei professionisti sanitari.
In tal senso un coordinamento e una scelta istituzionale condivisa, anche a livello europeo, potrebbe essere una chiave di svolta.
Non esiste una sensibilità comune in Europa. I sistemi sanitari sono differenti, noi siamo più simili alla Germania piuttosto che alla Francia dove ci sono sistemi a rimborso parziale come erano le nostre vecchie mutue. La questione viene sentita in maniera diversa ma comunque pressante perché i vari tipi di sistemi assicurativi cominciano a fare le pulci ai colleghi. Credo che ormai sia improcrastinabile ragionare su questo.
La formazione, che è una necessità e al tempo stesso una tutela per il medico, come anche per il paziente, si avvale molto delle nuove tecnologie.
La valorizzazione dei corsi FAD è al centro del nostro lavoro da anni. Ora, però, sembra necessario ritarare i parametri. Tra Italia ed Europa c’è, infatti, ancora qualche differenza soprattutto sul tema dell’aggiornamento permanente e della formazione continua. Avvalendoci di consulenze di alto livello, come ad esempio quella della UEMS – Unione Europea Medici Specialisti – stiamo cercando di limare questo gap. Il rischio che si sta correndo è quello di lasciare il sistema di accreditamento italiano ai margini rispetto a quello continentale. Non c’è, però, dubbio che la FAD rappresenti ormai il target della formazione dei professionisti italiani.