Pazienti, pediatri, infermieri e specialisti a confronto a Roma in occasione di “Shaping the future of pediatrics”, un appuntamento in cui si è discusso delle principali tematiche relative alla salute di neonati e bambini, dai vaccini all’obesità infantile. Abbiamo intervistato il Dottor Alberto Eugenio Tozzi, Responsabile dell’Unità di Telemedicina del Bambino Gesù di Roma. Dottor […]
Pazienti, pediatri, infermieri e specialisti a confronto a Roma in occasione di “Shaping the future of pediatrics”, un appuntamento in cui si è discusso delle principali tematiche relative alla salute di neonati e bambini, dai vaccini all’obesità infantile. Abbiamo intervistato il Dottor Alberto Eugenio Tozzi, Responsabile dell’Unità di Telemedicina del Bambino Gesù di Roma.
Dottor Tozzi, un importante appuntamento che riunisce medici e pediatri, italiani ed europei, per fare il punto su una serie di tematiche importanti, dai vaccini all’obesità. Qual è intanto il bilancio di questa prima giornata?
«Abbiamo riunito in questi giorni un pubblico internazionale che va oltre l’Europa: tanti partecipanti arrivano da Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda e paesi africani. Ci sono almeno venti Paesi rappresentati in questa conferenza dal punto di vista dei partecipanti. Uno dei bilanci positivi è che non hanno partecipato solo tecnici, quindi scienziati, medici e ricercatori ma anche pazienti, che descrivono le loro esperienze e parlano del loro lavoro».
Quanto è importante il dialogo tra lo specialista ed il paziente?
«La comunicazione medico-paziente è un argomento forse un po’ scontato; noi vorremmo spingerci verso la medicina partecipativa, ossia il paziente, che è il massimo esperto della propria malattia, prende decisioni insieme al medico. Il paziente spesso può fare cose che il medico non riesce a fare proprio perché ne soffre in prima persona. Alcuni pazienti offrono delle soluzioni perfino terapeutiche e diagnostiche al medico. Questo è un argomento caldissimo che vale anche per la pediatria: perfino i bambini sono in grado di dare un contributo attivo».
L’obbligo vaccini è in questo momento un argomento di forte attualità: l’Italia ha imboccato questa direzione, gli altri paesi europei che tipo di posizione hanno?
«Noi, al Bambin Gesù abbiamo lavorato moltissimo per aumentare la consapevolezza del pubblico attraverso una comunicazione efficace per una decisione informata. Ci siamo trovati davanti a una situazione inattesa, e il decremento delle coperture vaccinali ha determinato un’urgenza, quindi lo strumento che il Ministero ha ritenuto più opportuno è stato quello dell’obbligo. In occasione di questo convegno si è parlato di come utilizzare il web per migliorare la comunicazione sui vaccini e di come evitare la polarizzazione del pubblico: è molto dannoso creare degli schieramenti opposti e un pubblico che si divide per l’uno o per l’altro. L’obiettivo deve essere dare delle informazioni corrette e dialogare».
Il sovrappeso è un problema che riguarda molti bambini. Qual è l’approccio giusto?
«Nel trattamento dell’obesità cerchiamo di fare un passo avanti rispetto all’approccio tradizionale: raccogliamo delle informazioni sul comportamento del bambino, utilizziamo il cellulare che non solo registra il percorso effettuato, ma può permettere di registrare anche altre attività. L’aspetto interessante è usare diversi strati di dati e usare la tecnologia per analizzarli. L’intelligenza artificiale è un po’ la chiave di lettura di queste cose qui e in questo modo noi contiamo di dare delle raccomandazioni molto più personalizzate al bambino e capire anche di più quali sono i meccanismi che spesso fanno fallire la terapia nel corso dell’obesità. Questo è quello che cerchiamo di fare, per il momento con la realizzazione di una App e più avanti con un’analisi approfondita dei dati».
Ma queste soluzioni sono delle necessità impellenti negli ultimi anni perché si è diffuso più massicciamente il fenomeno dell’obesità infantile rispetto al passato in Italia?
«Assolutamente sì, l’Italia ha un tasso di obesità infantile preoccupante, e spesso più preoccupante di altri Paesi sviluppati. Ma una delle cose difficili da fare è cambiare i comportamenti, che sono la base della terapia per l’obesità e anche per altre malattie. Per fare questo noi abbiamo bisogno di dati ed è la sfida che cerchiamo di affrontare».