Schillaci: “Occorre portare avanti un modello di cura che non si limiti a curare l’evento patologico, ma che deve prendersi cura del paziente nella sua totalità”. Un tavolo di lavoro verrà avviato dal Ministero per ampliare l’applicazione del percorso unitario di cura
Ridurre le liste d’attesa per prestazioni ed esami, limitare gli spostamenti fra strutture ospedaliere, dove un’unica equipe multidisciplinare ruota intorno alla persona e verifica le effettive necessità terapeutiche. Queste le principali finalità espresse nel Manifesto della Fondazione Dignitas Curae ETS, presentato questa mattina nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio.
Presieduta dal professor Massimo Massetti, ordinario di cardiochirurgia dell’Università Cattolica Sacro Cuore di Roma e responsabile dell’Area cardiovascolare e cardiochirurgica del Policlinico universitario “Agostino Gemelli”, la Fondazione suggerisce un cambio di paradigma per contribuire a ridurre la frammentazione della cura, e di conseguenza ritardi e disservizi. “La strada delineata – spiega il professor Massetti – può rappresentare un’innovazione unica nella sanità nazionale: un modello che riporti al centro i valori della medicina, riconosca il bene della persona e del curante e sfrutti le migliori competenze specialistiche. È questo un possibile modello della sanità che vogliamo, aperto alle innovazioni e aderente alla persona”.
Il Manifesto della Fondazione vede il sostegno di Papa Francesco, che per primo ha voluto firmare il documento, del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del Ministro della Salute, Orazio Schillaci. Il Ministro in particolare durante la presentazione ha annunciato che verrà avviato un tavolo di lavoro per valutare l’applicazione più estesa del percorso proposto. “Il progetto di revisione del sistema sanitario non riguarda solo gli ambiti prettamente organizzativi e gestionali: occorre portare avanti un modello di cura che non si limiti a curare l’evento patologico, ma deve prendersi cura del paziente nella sua totalità. Si tratta di riorganizzare una sanità che deve essere centrata sul malato e non sulle malattie o sulle singole prestazioni sanitarie. Ma c’è bisogno del contributo di tutti gli attori coinvolti nella rifondazione del sistema sanitario, nel rispetto delle differenze dei compiti e dei ruoli, perché ciascuno dei soggetti interessati, il Ministero della Salute, le Regioni, le aziende sanitarie, il personale sociosanitario, il mondo del volontariato determinerà con il proprio contributo quale sanità consegneremo al futuro”, afferma il Ministro della Salute Schillaci.
Il progetto si declina nel corso dell’anno, innanzitutto nel coinvolgimento diretto degli operatori sanitari, a cominciare da medici e infermieri. Già oggi, grazie al progetto Cuore, avviato in collaborazione con la Fondazione Roma nell’area del Gemelli diretta dal professor Massetti, viene applicato il paradigma. “I risultati ad oggi valutati – conferma il professore – su alcuni percorsi diagnostici e terapeutici dimostrano che cambiando l’organizzazione si migliora la qualità, perché si riduce il tasso di mortalità e di complicanze, e si incrementa l’appropriatezza delle prestazioni e l’efficienza, perché si abbattono i tempi d’attesa e i costi. In sintesi – conclude – con questo modello curiamo il malato, non soltanto la malattia”.
In particolare, i dati dello studio condotto all’interno dell’area e pubblicato sul Journal of the American Heart Association sono promettenti. Il campione si è basato su oltre mille pazienti con cardiopatia valvolare ad elevata complessità clinica. L’heart team ha raccomandato un trattamento interventistico per l’80% dei pazienti e una gestione conservativa per il restante 20%. Nei pazienti inviati al trattamento, la mortalità precoce osservata (1,7%) è stata significativamente inferiore a quella attesa.
Il testo del Manifesto, scritto a quattro mani dal professor Massetti e da monsignor Mauro Cozzoli, già docente di teologia morale all’Università Lateranense, oggi consultore del Dicastero per la dottrina della fede, è stato rivisto negli aspetti giuridici dai giuristi Natalino Irti, professore emerito della Università Sapienza di Roma, e Teresa Pasquino, docente ordinario di Istituzioni di diritto privato dell’Università di Trento, entrambi intervenuti alla presentazione. “I principi contenuti nel Manifesto Dignitas curae – spiega la professoressa Pasquino -, costituiscono un’efficace sintesi di enunciati presenti anche nel quadro normativo interno e sovranazionale. Nei propositi del Manifesto, il diritto alla salute, quale diritto fondamentale della persona ex art. 32 Cost., deve garantire al paziente il diritto di accesso alle strutture sanitarie pubbliche e private, in relazione al bisogno di cura manifestato, ed implica di avvalersi del progresso della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica non solo per assicurare l’efficienza della organizzazione del luogo di cura, ma anche il benessere fisico e psichico del paziente. I principi in esso enunciati ponendo al centro della relazione medico-paziente la dignità della persona, mirano a realizzare, altresì, la “dignità della cura”, avendo riguardo all’importanza della comunicazione tra medico e paziente – che è tempo di cura. Al rispetto dei convincimenti e dei valori propri di ciascun paziente; alla parità di trattamento, soprattutto a vantaggio dei più bisognosi ed indifesi; all’accompagnamento nel percorso terapeutico, anche con il coinvolgimento dei familiari e con il supporto psicologico, per conseguire risultati più efficaci nella cura e per alleviare il dolore. In attuazione di tali principi, è richiesto l’impegno dei pubblici poteri perché assicurino che tutte le istanze di tutela e di protezione, che da essi promanano, vengano realizzate”.
Al valore della dignità umana, reso concreto nel rapporto di cura fra medico e paziente, si ispira infine la dottrina della fede cristiana, come ricorda il Segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin. “Alla questione sanitaria – afferma il cardinal Parolin -, messa in evidenza da tutte le criticità in atto, non si può far fronte con rimedi meramente funzionali, ma con una cultura della cura innervata dalla dignitas personae. Il che – ci dice il Manifesto – “comporta una mens nova, che attivi un cambiamento radicale del pensare medico. Un cambiamento che comincia nell’interiorità delle coscienze, dalle cui profondità trabocca “fuori”, in ogni ambito – relazionale, progettuale, gestionale, strutturale, istituzionale – dell’operare medico”. A questa cultura della cura mira il Manifesto, sollecitando e incentivando tutte le forze vive della società. Come ci dice Papa Francesco, nell’ultima sua enciclica Laudate Deum, “non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone”. Il primo grande merito del Manifesto è la sua incidenza prioritaria sul pensiero: sulla modulazione valoriale delle intelligenze e delle coscienze, per una Sanità del futuro a misura umana. Perché – lo sottolinea il Manifesto – “è il pensiero che muove l’azione”, conclude il cardinale Parolin.
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