Sanità 19 Febbraio 2021 17:50

Lombardia, la difesa di Gallera: «Come ho vissuto la tempesta perfetta»

L’ex assessore al Welfare: «Io capro espiatorio, tutte le strategie adottate sono state sempre condivise con la giunta e concordate con gli scienziati, i consulenti, il CTS e i gruppi di lavoro che contenevano i migliori uomini di sanità e scienza d’Italia»

di Federica Bosco

Ad un anno di distanza dall’inizio della pandemia, Giulio Gallera, smessi i panni di assessore al Welfare di Regione Lombardia, ha scelto di stare dalla parte dei cittadini che non hanno ricevuto i ristori. Dal suo nuovo ufficio, al 21° piano del Pirellone, come consigliere regionale ha avviato una campagna di segnalazioni e un programma per una “nuova normalità”. «Quattro anni e mezzo come assessore alla sanità sono stati molto intensi. L’ultimo anno si è scatenata la tempesta perfetta ed è stato molto difficile, con una pressione forte, ma abbiamo dato il massimo e il tempo e la scienza ci stanno dando ragione».

Cosa ha significato per lei il passaggio dall’emergenza sanitaria a quella economica?

«Sono tornato in consiglio, il tema della pandemia è ancora nei miei pensieri, ma ho concluso il mio turno in sanità. Ora mi sto occupando dell’emergenza economica e sociale. Sto aiutando e dando voce a coloro che non hanno ricevuto, o solo in parte, i ristori dal governo e voglio portare avanti un messaggio molto chiaro: è fondamentale trovare un equilibrio tra sicurezza sanitaria ed economica».

Abbiamo parlato di questo anno difficile, Giulio Gallera in cosa è cambiato?

«Porterò dentro di me cicatrici profonde. Ho vissuto in prima persona la sofferenza, il senso di impotenza, le urla, i pianti della gente e il dolore profondo che arrivava dagli ospedali. D’altro canto, ho avuto l’onore di governare un sistema di pubblica amministrazione complesso. In Lombardia abbiamo 27 ASST, 120 mila tra infermieri e medici che lavorano negli ospedali pubblici e 30 mila in quelli privati accreditati che rappresentano un’altra realtà importante; poi ci sono le agenzie della salute che hanno un ruolo fondamentale nella ricerca epidemiologica».

Col senno di poi ha qualche rimorso?

«Siamo stati oggetto di pesanti critiche, ma il tempo e la scienza ci daranno ragione. Innanzitutto, abbiamo avuto la capacità di resistere e di reagire in un contesto complesso con molte incognite. La prima osservazione da fare oggi è che il virus era presente in Italia già a novembre 2019 o forse anche prima, il che significa che circolava in molte zone. Quando è esplosa la pandemia a Codogno e poi a Bergamo, si trattava in realtà di due varianti più contagiose e letali. Così siamo passati da 800 posti letto in terapia intensiva a 1800 e da 1000 a 12 mila nei reparti Covid. Numeri impressionanti che siamo riusciti a fronteggiare e, quando abbiamo potuto organizzarci, abbiamo dimostrato di essere pronti ad affrontare la seconda ondata più di altre regioni».

Ma non sono mancate le critiche feroci…

«La Lombardia per diverse settimane è stata presa a modello dal resto d’Italia, poi ad un certo punto tutto è cambiato nei nostri confronti, mentre noi abbiamo continuato a lavorare per vincere la battaglia contro il virus. Qualcuno ha voluto appositamente trasformare un racconto positivo in uno terreno di scontro. Siamo stati messi a confronto con il Veneto, dicendo che a febbraio e marzo avevano avuto una capacità di reazione forte, puntuale, con cure a domicilio, mentre tutto ciò era mancato in Lombardia. Solo qualche mese più tardi però, a novembre, la seconda ondata si è abbattuta sul Veneto in maniera virulenta, evidenziando gli stessi problemi avuti da noi a marzo ed aprile. Con la differenza che era la seconda ondata. Tutto ciò per dire che dinnanzi ad un virus di questa portata, le difficoltà sono le stesse e sarebbe opportuno lavorare tutti insieme per vincere la battaglia, anziché creare delle fratture. Spero che con il nuovo governo ci si possa riuscire».

Crede di essere diventato il capro espiatorio della situazione?

«Ho dato il massimo dal 20 febbraio fino all’ultimo giorno in cui ho fatto l’assessore, compresa la campagna vaccinale del 4 gennaio. Le strategie adottate sono state sempre condivise con il presidente Fontana e con la giunta e concordate con gli scienziati, i consulenti, il CTS e i gruppi di lavoro che contenevano i migliori uomini di sanità e scienza d’Italia. Non ho mai preso una decisione che non fosse condivisa, ho la coscienza a posto. Sono stati fatti errori, certo, ma le difficoltà erano molte e le condizioni non ottimali. Vorrei ricordare che questa pandemia si è abbattuta su una politica sanitaria che ha fatto registrare negli ultimi dieci anni tagli di risorse e personale. Ho sempre pensato che la sanità italiana fosse un miracolo perché un paese che investe una percentuale di risorse che corrisponde al 6,7% del Pil, quando la media europea è dell’8,5%, ha un gap di 8 miliardi di investimenti pubblici da colmare per essere competitiva. Invece siamo sempre stati all’avanguardia e con un sistema sanitario, ormai unico al mondo, di tipo assistenzialistico».

Eppure, il Covid ha messo in luce i limiti di questo sistema…

«Con la pandemia è emersa la mancanza di medici, perché non si è investito nelle scuole di specializzazione e nelle borse di studio. Tra i medici di medicina generale negli ultimi anni è mancato il ricambio. Abbiamo ridotto il personale e il numero dei posti letto all’interno degli ospedali per arrivare a tre ogni mille abitanti. Oggi qualcosa sta cambiando ed è di buon auspicio».

Come giudica l’ingresso di Guido Bertolaso in Regione?

«È un professionista preparato. Lo conosciamo. A maggio era stato interpellato per la realizzazione dell’ospedale in fiera, dedicato alle terapie intensive. È chiaro però che la campagna vaccinale avrà successo solo se arriveranno i vaccini e questo è il vero nodo da sciogliere oggi. Un problema europeo prima che nazionale e regionale. E poi occorre sapere se avremo il personale, perché il precedente governo si era impegnato ad assumere 15 mila persone da mandare nelle regioni per la grande campagna vaccinale di massa. Cosa che non è mai stata fatta. Allora non è immaginabile che la campagna di 10 milioni di vaccinazioni in Lombardia e 60 milioni in Italia sia posta sulle loro spalle, il governo precedente non aveva dato una risposta seria a questo punto. Occorre anche formare il personale per metterlo a disposizione dei centri vaccinali, altrimenti immaginare che il personale attuale e a condizioni date possa fare una campagna vaccinale sul territorio è una visione illusionistica».

 

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

Articoli correlati
Nasce il progetto PMLAb per i pazienti COVID-19 immunocompromessi
La gestione del paziente immunocompromesso con COVID-19 richiede una particolare attenzione, che si concretizza con le Profilassi Pre-Esposizione con anticorpi monoclonali. A questo scopo è nato il progetto Prevention Management LAboratory (PMLAb), presentato oggi a Roma
Covid, alcune persone potrebbero aver perso l’olfatto per sempre? L’ipotesi allarmante in uno studio
La perdita dell'olfatto a causa di Covid-19 potrebbe durare a lungo o addirittura per sempre. Uno studio rivela che una persona su 20 non l'ha recuperato dopo 18 mesi
Regione Lombardia investe 7,5 milioni di euro nelle cure domiciliari
Nuove tecnologie, telemedicina e personale specializzato gli ambiti di sviluppo su cui è concentrata l’attenzione di pubblico e privato. Da MedicaAir nuovi studi per migliorare la consistenza dei cibi per pazienti con insufficienza respiratoria
Si possono bere alcolici quando si risulta positivi al Sars-CoV-2?
Il consumo di alcolici è controindicato quando si è positivi al virus Sars CoV-2. Gli studi mostrano infatti che gli alcolici possono compromettere il sistema immunitario
Dopo quanto tempo ci si può ammalare di nuovo di Covid-19?
Gli studi indicano che le reinfezioni con Omicron sono più frequenti. Una ricerca suggerisce un intervallo tra i 90 e i 640 giorni, un'altra tra i 20 e i 60 giorni
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

Percorso Regolatorio farmaci Aifa: i pazienti devono partecipare ai processi decisionali. Presentato il progetto InPags

Attraverso il progetto InPags, coordinato da Rarelab, discussi 5 dei possibili punti da sviluppare per definire criteri e modalità. Obiettivo colmare il gap tra Italia e altri Paesi europei in ...
Advocacy e Associazioni

Disability Card: “Una nuova frontiera europea per i diritti delle persone con disabilità”. A che punto siamo

La Disability Card e l'European Parking Card sono strumenti che mirano a facilitare l'accesso ai servizi e a uniformare i diritti in tutta Europa. L'intervista all'avvocato Giovanni Paolo Sperti, seg...
Sanità

I migliori ospedali d’Italia? Sul podio Careggi, l’Aou Marche e l’Humanitas di Rozzano

A fotografare le performance di 1.363 ospedali pubblici e privati nel 2023 è il Programma nazionale sititi di Agenas. Il nuovo report mostra un aumento dei  ricoveri programmati e diu...