Il medico e senatore di Fratelli d’Italia respinge le critiche dell’opposizione: «Pur nelle difficoltà di contesto la manovra risponde alle necessità primarie delle famiglie». E poi sottolinea: «Possiamo mettere quanti soldi vogliamo nella sanità ma avremo sempre carenza di medici per una errata programmazione del passato»
«È falso dire che non c’è nulla per la sanità in questa manovra. Non dobbiamo dimenticare che veniamo da 10 anni di definanziamento alla sanità operato da governi di centrosinistra e che sarebbe continuato se non ci fosse stato il Covid. Abbiamo fatto il massimo considerando anche la crisi geopolitica che ci condiziona, il peso dell’inflazione e del caro energia e che il governo si è insediato appena due mesi fa». Ignazio Zullo, medico igienista e capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Sanità e Lavoro al Senato, respinge le critiche piovute dalle opposizioni sulla manovra e sull’attenzione dedicata al Sistema sanitario nazionale, giudicata non sufficiente.
Per Zullo è stato decisivo il ‘fattore tempo’, cioè l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha avuto poco tempo per impostare una finanziaria diversa e si è dovuto concentrare sul caro energia, che rischia di mettere in crisi famiglie ed imprese.
«Voglio però sottolineare – continua Zullo – che il Fondo sanitario nazionale viene comunque incrementato per il 2023 di 2 miliardi e 100 milioni con 1,4 miliardi destinati al caro bollette, ma per il 2024 ci sono due miliardi e 400 milioni e per il 2025 due miliardi e 650 miliardi. Bisogna leggere la manovra anche in prospettiva».
Sullo sfondo una speranza, quella che le risorse destinate alla sanità possano sbloccarsi grazie a un mutamento del contesto economico. «Abbiamo posto 21 miliardi di euro sul caro energia per affrontare il primo trimestre di quest’anno, il trimestre invernale più difficile – continua il senatore pugliese -. Ma se il costo dell’energia dovesse scendere, come si sta verificando in questo momento, a livelli pre-guerra in Ucraina noi avremmo un tesoretto da poter impegnare in altri progetti, come l’attuazione del Piano oncologico».
Per Zullo, poi, la legge di Bilancio va letta nella sua interezza. E alcune misure potrebbero in qualche modo avere un impatto positivo sul sistema sanitario. «Una manovra finanziaria non va letta per singole parti – spiega Zullo -. La manovra sul cuneo fiscale chiaramente va a vantaggio anche dei dipendenti della sanità. I fondi sulla sicurezza alimentare, posti nel capitolo dell’agricoltura, vanno a vantaggio della sanità, perché se c’è igiene e sicurezza per gli alimenti c’è vantaggio per la salute. I fondi per il caro energia sono un vantaggio anche per la sanità perché perché se c’è meno impoverimento delle famiglie e dei lavoratori c’è meno patologia, ad esempio quella legata al disagio psichico quando c’è impoverimento. E poi penso ai fondi per l’antibiotico resistenza per prevenire le patologie da infezione ospedaliera. Credo che pur nelle difficoltà di contesto la manovra risponde alle necessità primarie delle famiglie e dà un primo segnale di quelli che sono i cambiamenti che il governo dovrà mettere in atto».
Sullo sfondo, però, resta lo stato di agitazione dei medici culminato nella manifestazione del 15 dicembre a Piazza Santi Apostoli a Roma: le risorse per il personale non ci sono state. «Ma la questione dei medici è un’altra – ribatte il senatore pugliese -. Dipende dal fatto che non ci sono. Possiamo anche mettere miliardi su miliardi nel Fondo sanitario ma i medici non ci sono a causa di una atavica discrepanza nel calcolo di fabbisogno in quanto il ministero dell’Università e quello della Salute non si sono mai parlati».
«Il rischio – aggiunge Zullo – è quello di mettere miliardi in Sanità per poi sprecarli in tanti rivoli di spesa. Dobbiamo aprire un focus su come si spende in sanità e farci delle domande. I fondi sono pochi? Può darsi. I fondi sono spesi bene? Sicuramente no. Si spreca molto in sanità. Penso alla Puglia amministrata da Michele Emiliano: gli sprechi sono molteplici, dall’ospedale in Fiera alla fabbrica delle mascherine».
Per il medico e senatore del partito guidato da Giorgia Meloni la risposta ai camici bianchi dev’essere di tipo organizzativo: «Non mi sono ancora confrontato con il ministro Schillaci, ma secondo me bisogna intervenire sul rapporto esclusivo almeno con una moratoria di tre anni e liberare i medici dal lacciuolo dell’esclusività per poter permettergli di rendere la loro opera professionale oltre il proprio impegno contrattuale con l’azienda, e questo vale anche per gli infermieri. E poi bisogna accelerare l’organizzazione dipartimentale nell’assistenza ospedaliera. Se oggi ho un reparto di medicina, di geriatria, di pneumologia è chiaro che avrò bisogno di una équipe per ciascun reparto. Se invece creo un Dipartimento delle discipline mediche per affinità di disciplina probabilmente posso migliorare l’organizzazione del lavoro».
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