Il disegno di legge prevede una delega al Governo sul tema. Tra i punti qualificanti, un vincolo alle regioni per destinare almeno il 5 per cento della spesa sanitaria annua per la promozione e lo sviluppo di attività di screening e di prevenzione e il graduale passaggio degli MMG alla dipendenza
Per la medicina del territorio serve una “rivoluzione culturale” che deve partire da alcuni paradigmi come la formazione universitaria dei MMG e la prevenzione per offrire un modello sanitario alternativo a quello basato sulla cura. Parte da questi presupposti il disegno di legge presentato dal deputato del Partito democratico Marco Lacarra, segretario dei dem in Puglia, e realizzato anche grazie alle indicazioni di chi già opera sul territorio, come il dottor Cesare De Virgilio, medico Usca e di continuità assistenziale che opera in provincia di Bari.
«Ciascuno di noi, nella propria vita può avere la fortuna di non ricorrere alle cure ospedaliere. Ma certamente tutti prima o poi hanno bisogno di ricorrere alle cure di competenza del medico di medicina generale» sottolinea Lacarra nel corso di una conferenza stampa tenuta su Facebook.
«Con questa riforma – ha aggiunto Lacarra – vogliamo rafforzare il ruolo della medicina territoriale e dei medici di medicina generale, che non devono essere percepiti come medici di serie B. Sappiamo che per questo non basta un disegno di legge, ma serve un cambio culturale».
Il disegno di legge in realtà prevede una delega al Governo sul tema, in cui però vengono definiti alcuni criteri direttivi: in particolare l’adozione di un testo unico che comprenda la normativa vigente in materia di assistenza territoriale, assistenza sociosanitaria primaria, assistenza materno-infantile, assistenza alla salute mentale territoriale, assistenza domiciliare e cure palliative e telemedicina. Ma anche il potenziamento dei servizi di assistenza domiciliare integrata e il riordino territoriale dei distretti. Inoltre un graduale passaggio alla dipendenza per i medici di medicina generale.
Le Case di Comunità sono il fulcro della riforma della medicina territoriale prevista dal PNRR. In questo disegno di legge viene specificato a cosa devono servire: vengono immaginate come un anello di congiunzione tra ospedali e territorio, portando servizi sociali e sanitari di qualità quanto più vicino possibile ai cittadini. Poi si chiede il potenziamento dell’assistenza domiciliare, lo sviluppo dei servizi di telemedicina e lo svolgimento di capillari campagne di prevenzione.
La legge prevede un riordino del Servizio sanitario nazionale al fine di adeguare l’offerta di servizi sanitari e socio-sanitari all’attuale contesto demografico e sociale. Il modello organizzativo di assistenza territoriale deve essere fondato sulla multidisciplinarietà e sulla multisettorialità, garantendo la continuità assistenziale e la presa in carico del paziente, il pieno accesso ai professionisti e ai servizi e il loro adattamento ai diversi contesti.
«Immaginiamo un mondo in cui uno non abbia solo la possibilità di rivolgersi la proprio medico di famiglia, ma a una equipe di professionisti sanitari con cui costruire un rapporto duraturo in cui il medico non è più un lavoratore della sanità ma sia il playmaker di una squadra multiprofessionale» aggiunge il dottor De Virgilio.
Una riforma che permetterebbe anche di risparmiare ingenti risorse: l’ospedalizzazione domiciliare di un paziente costa, tra emolumenti dei medici e degli infermieri e spesa per i farmaci e le attività di laboratorio, circa 1.500 euro al mese. Il ricovero in ospedale del medesimo paziente, per lo stesso periodo, costa in media 15mila euro.
Sul fronte della formazione, il disegno di legge chiede di promuovere la disciplina delle cure primarie e della salute di comunità in ambito accademico all’interno di percorsi pre-laurea e post-laurea, mediante l’istituzione di uno specifico settore scientifico disciplinare (SSD) volto alla formazione di figure professionali operanti nell’ambito della medicina di comunità e delle cure primarie.
«Io sono un medico, ciò che ho visto durante la specializzazione è solo ospedale – spiega De Virgilio -. Al centro è stata messo per tanti anni solo la sanità ospedaliera. Nei miei anni di università non ho mai conosciuto il territorio. Noi riteniamo che sin dai primi anni di università si debba poter frequentare studi medici di base e che i MMG possano insegnare all’università».
Uno degli intenti della proposta di legge è creare un filtro per l’accesso alle cure primarie che riduca gli ingressi in ospedale, puntando in primis sulla prevenzione. L’aumento del budget sanitario da investire in campagne di prevenzione, in combinazione con l’adozione del modello delle case della comunità che consente di creare un rapporto fiduciario tra équipe multidisciplinari e cittadini del quartiere, renderebbe molto più semplice sensibilizzare gli utenti di tali centri su temi come uno stile di vita sano, la prevenzione, un’alimentazione equilibrata e lo screening.
Nella legge si prevede l’istituzione del vincolo, a carico delle regioni, di destinare almeno il 5 per cento della spesa sanitaria annua per la promozione e lo sviluppo di attività di screening e di prevenzione, nonché di campagne informative per la promozione di uno stile di vita sano, elaborando iniziative che tengano conto dei determinanti di salute e dei fattori antropologici e sociali di individui e comunità.
Sul fronte dell’inquadramento dei medici di medicina generale, la legge prevede una graduale introduzione di una nuova disciplina contrattuale, su base libera e volontaria, nell’ambito del rapporto di lavoro dipendente, che comprenda la dirigenza medica e il comparto, compresi gli infermieri di comunità e gli psicologi delle cure primarie, caratterizzato da un sistema di remunerazione omogeneo per tutti i professionisti delle cure primarie che promuova con specifici incentivi e premialità il continuo miglioramento della qualità dell’assistenza attraverso il monitoraggio di esiti e processi assistenziali e il lavoro in équipe interprofessionali.
In prospettiva, si pensa a un passaggio graduale al rapporto di lavoro dipendente di tutto il personale medico e sanitario, compresi i medici di medicina generale, nonché a uniformare i contratti dei medici in regime di convenzione, equiparando il contratto della medicina generale a quello della specialistica ambulatoriale.
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