La retinite pigmentosa è una malattia degenerativa su base genetica, estremamente invalidante e che porta generalmente alla cecità. La maggior parte dei pazienti raggiunge il grado di cecità legale attorno all’età di 40 anni. A due anni dal primo intervento effettuato per curare una grave forma di retinite pigmentosa, all’Ospedale San Paolo (ASST Santi Paolo e […]
La retinite pigmentosa è una malattia degenerativa su base genetica, estremamente invalidante e che porta generalmente alla cecità. La maggior parte dei pazienti raggiunge il grado di cecità legale attorno all’età di 40 anni. A due anni dal primo intervento effettuato per curare una grave forma di retinite pigmentosa, all’Ospedale San Paolo (ASST Santi Paolo e Carlo) di Milano è stata nuovamente utilizzata la tecnica chirurgica per l’impianto di retina artificiale Argus II su un paziente totalmente cieco: un’operazione in anestesia generale che dura dall’ora e mezza alle due ore ed il giorno successivo il paziente può tornare a casa.
Durante l’intervento chirurgico si applica una protesi retinica che utilizza la stimolazione elettrica delle cellule retiniche ancora “vitali”, convertendo le immagini catturate da una mini videocamera montata sugli occhiali del paziente in una serie di piccoli impulsi elettrici che vengono trasmessi in modalità wireless ad una matrice di elettrodi impiantati sulla superficie retinica.
Il Professor Luca Rossetti, direttore della Clinica Oculistica dell’Ospedale metropolitano che è Centro di riferimento regionale per la Retinite Pigmentosa, nonché professore ordinario dell’Università degli Studi di Milano, si avvale della preziosa collaborazione del suo team di chirurghi vitro-retinici. A distanza di 24h dall’intervento il paziente è pronto a tornare a casa e in due settimane ad affrontare la seconda parte del programma che prevede il percorso di riabilitazione personalizzato.
«La prima fase di riabilitazione – spiega il professor Rossetti – si svolge in Clinica, dove i pazienti, seguiti da un team di specialisti, apprendono informazioni di base per l’utilizzo e la gestione autonoma dell’impianto; una volta acquisita dimestichezza con il dispositivo potranno esercitarsi all’esterno, insieme ad un terapista che insegnerà loro ad integrare la nuova visione con i normali ausili per la mobilità».
I risultati sono entusiasmanti; dopo un periodo di riabilitazione della durata di alcune settimane e con un programma personalizzato, i pazienti riescono ad individuare una persona di fronte e delinearne i contorni localizzando il chiarore del volto, a localizzare oggetti sul tavolo come una tazzina da caffè o ad individuare un posto libero sui mezzi pubblici o in una sala d’attesa e recuperano una maggiore sicurezza nella mobilità all’esterno riconoscendo strisce pedonali, alberi, ostacoli.
Ad oggi sono stati quattro i pazienti in cura presso l’Ospedale San Paolo che hanno potuto beneficiare di questa particolare tecnologia anche grazie alla generosità dell’Associazione Retinitis Onlus prima e da un finanziamento erogato da Regione Lombardia per gli ultimi 2 interventi.