Nato a Volgograd a due anni si trasferisce con la famiglia a Zaporozje, ma gli zii sono ancora in Russia e sono nemici. Oggi l’uomo vive a Milano con sensi di colpa e paura per la figlia in guerra «Ogni giorno quando mi sveglio la prima cosa che faccio è telefonare a lei, possono vivere se lei è viva»
Si chiama Mykhailo, si definisce russo ucraino perché 53 anni fa quando è nato a Volgograd esisteva l’Unione Sovietica e la sua famiglia è frutto dell’amore tra due popoli che ora si fanno la guerra. Quelle origini, che un tempo erano un arricchimento culturale e un vanto, oggi sono una condanna a vivere lontano e con il cuore diviso a metà. Lo incontriamo a Milano al parco Fomentano nei pressi della statua dei due donatori di sangue abbracciati. Un simbolo di pace e fratellanza che invece si è smarrita nella terra di Mykhailo.
«I miei genitori sono di Volgograd, ma a due anni con la mia famiglia mi sono trasferito a Zaporozje nell’Ucraina del sud, sono cresciuto là. Ai tempi dell’Unione Sovietica non c’era distinzione tra Ucraina e Russia due regioni come lo sono Piemonte e Lombardia. Oggi invece siamo nemici. La mia famiglia è divisa, una parte in Ucraina e l’altra in Russia. I miei genitori non possono parlare con gli zii perché credono più a Putin che ai fratelli. Quando mia mamma dice alla sorella che Putin sta bombardando le nostre città, lei nega. Questa è la forza della politica tossica, e in questo momento viviamo così».
Gli occhi di Mykhailo diventano lucidi, stringe le mani al petto e dice «Questa battaglia è terribile, ogni esplosione è nel mio cuore». Oggi l’uomo vive a Milano, è un filosofo e professore di scienze politiche dell’Università tedesca e della libera università di Mosca. Il 25 febbraio ha lasciato il suo paese e da quel giorno prova un senso di colpa per i famigliari rimasti e tanta paura per le sorti della figlia di 25 anni che ha scelto di arruolarsi nell’esercito. «Io sono qui quasi in paradiso, a Milano, i miei invece sono vicini alla battaglia a Zaporozje, una città dove l’armata russa è già presente. Mezz’ora fa mi hanno detto che hanno sentito delle esplosioni, mamma è davvero stressata».
A stento trattiene le lacrime Mykhailo quando parla della figlia. «Ogni giorno quando mi sveglio la prima cosa che faccio è telefonare a lei, per me è importantissimo per capire che possono vivere perché lei è viva. Lei è a Kiev e in questo momento la zona è abbastanza sicuro, ma un mese fa non era così facile». La voce di Mykhailo trema quando ricorda i momenti più difficili vissuti dalla figlia «È stata anche a Bucha, ha visto i corpi dilaniati, e la vita dopo il terrore. È giovane e si sta formando, quelle immagini l’hanno segnata e non riesce a dormire e quando le ricorda, piange. Ho provato a dissuaderla, a farla venire in Italia, ma lei è patriota. Nonostante sia metà russa e metà ucraina, sostiene l’Ucraina come me, e allora lottiamo insieme».
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