L’appello di ActionAid: «È in corso un’altra crisi umanitaria come quella che ha colpito l’India. Garantire accesso equo e rapido ai vaccini»
In Nepal l’aumento dei casi di Covid-19 è allarmante. In questi giorni è stato raggiunto il picco massimo di contagi giornalieri: i tassi di infezione sono aumentati fino al 550%. «La nostra paura più grande si sta trasformando in realtà: sapevamo che era solo questione di tempo prima che la catastrofe dell’India coinvolgesse anche il Nepal», dice Marco De Ponte, Segretario Generale ActionAid Italia.
In Nepal, ActionAid ha svolto un ruolo fondamentale già durate la prima fase pandemia. «Abbiamo fornito kit alimentari, prodotti per l’igiene e altre risorse a circa 100 mila persone e la nostra programmazione di sensibilizzazione ha raggiunto i 4 milioni», aggiunge il Segretario Generale.
Proclamare un lockdown per arginare i contagi, come è stato fatto in molti Paesi sviluppati, in luoghi poveri come il Nepal non è possibile. «Gli uomini e le donne devono continuare a lavorare senza nessun dispositivo individuale di protezione che possa limitare la trasmissione dell’infezione. Devono farlo per impedire che i propri figli muoiano di fame, anche mentre le strade si riempiono di cadaveri», spiega il responsabile dell’associazione umanitaria.
In Nepal non esiste un sistema sanitario in grado di curare un numero così elevato di pazienti. Per una popolazione di 30 milioni di persone ci sono solo 1.600 posti letto di terapia intensiva e meno di 600 ventilatori. Nemmeno un medico (solo 0,7) ogni mille abitanti. «Non ci sono ospedali a sufficienza – racconta De Ponte -. Gli ammalati restano in casa contagiando il resto della famiglia. Altri, non trovando assistenza in alcun luogo, muoiono per strada. I centri di cremazione di tutto il Paese continuano a riempirsi velocemente e ininterrottamente».
Ad aggravare la situazione c’è il “fungo nero”, una complicazione che nei pazienti Covid potrebbe essere provocata dall’abuso di farmaci steroidei usati per curare l’infezione. Secondo i dati diffusi da ActionAid, sarebbero migliaia le persone che nelle ultime settimane hanno sviluppato la micosi, solitamente molto rara, ma che porta alla morte in un caso su due. La malattia è molto aggressiva e i chirurghi a volte sono costretti a interventi estremamente invasivi per impedire che le spore raggiungano il cervello dei pazienti, rimuovendo in alcuni casi gli occhi, il naso, la mascella. Prima della pandemia di coronavirus, erano a rischio solo le persone con il sistema immunitario gravemente compromesso, come quelli affetti da Aids o i trapiantati. L’acqua contaminata nelle bombole di ossigeno o negli umidificatori d’aria degli ospedali è un veicolo per il fungo, che riesce a diffondersi rapidamente.
Le crescenti segnalazioni di casi e richieste di aiuto, tramite call center e social media in India e in Nepal, negli ultimi giorni, hanno fatto allarmare gli operatori umanitari di ActionAid. «Per questo – conclude il Segretario Generale – non c’è altro tempo da perdere e garantire a queste popolazioni un accesso equo e rapido alle vaccinazioni».
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