Intervista a Nicolino D’Autilia (Vicepresidente Ceom): «Italia messa molto meglio di altre nazioni nel contrasto al Covid-19». I no vax? «Da noi sono pochi in confronto agli altri Paesi». E sulla formazione ECM: «La forma mentis che non fa sfruttare la FAD sta cambiando»
Green pass una «misura splendida». Italia «messa benissimo» rispetto agli altri Paesi europei dal punto di vista dello “stato” della pandemia da Covid-19. Formazione ECM «importantissima» e «cosa ovvia» il richiamo del Sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, all’adempimento dell’obbligo in scadenza a fine anno. Nicolino D’Autilia, Vicepresidente CEOM (il Consiglio europeo degli Ordini dei Medici) fa il punto della situazione a 50 dalla nascita dell’organismo che raggruppa gli Ordini dei Medici di tutta Europa. Un evento, «finalmente di nuovo in presenza», che si è svolto proprio a Roma nei giorni scorsi.
«Ogni Paese è andato per conto suo – spiega D’Autilia a Sanità Informazione, riferendosi alle politiche di contrasto alla pandemia da Covid-19 –. Devo dire che, dal punto di vista politico, abbiamo assistito ad una realtà abbastanza triste». Come è accaduto quando proprio D’Autilia, ormai diverso tempo fa, ha portato al Ceom il tema dell’obbligatorietà della vaccinazione per gli operatori sanitari: «Abbiamo illustrato, sostanzialmente, il decreto che imponeva l’obbligatorietà vaccinale per i professionisti sanitari. I membri degli altri Paesi ci hanno guardato un po’ perplessi perché lo spirito che aleggia in molte zone europee è che nulla è più importante della libertà e dell’indipendenza della professione. Il fatto che venisse imposto un obbligo ai medici non piaceva perché veniva visto come una sorta di attacco alla professione». Con il tempo però «molti Paesi sono tornati sui loro passi, capendo evidentemente la ratio del provvedimento».
In questo preciso momento storico, il nostro Paese è «messo benissimo» dal punto di vista del contrasto alla pandemia. «Ci sono nazioni, come la Romania, in cui la situazione è molto peggiore». Certo, il virus non ha aggredito tutto il territorio europeo allo stesso modo: «Nei Paesi del nord, ad esempio, il virus non ha avuto lo stesso impatto che ha avuto in quelli dell’area mediterranea». Ed è per questo che anche durante le riunioni del Ceom c’era chi «guardava in casa d’altri per cercare di capire quali provvedimenti adottare per rispondere in maniera migliore ad un possibile peggioramento della situazione» all’interno dei loro confini.
E l’Italia, da questo punto di vista, è stata tra i primi della classe. Anche e soprattutto perché è stato il Paese più colpito nelle fasi iniziali della pandemia: «Noi italiani – continua D’Autilia – abbiamo fatto una gran bella figura, in quanto dopo i primi mesi, in cui venivamo considerati eroi per aver subìto e contrastato l’ondata iniziale, ci è stata riconosciuta una grande capacità di reazione. E altri Paesi hanno preso esempio».
In questo quadro, un ruolo determinante (e non sempre meritevole di elogi) è stato giocato dall’informazione, che non sempre si sarebbe comportata in maniera corretta, «celando alcune situazioni ed esaltandone altre». Un esempio può essere rappresentato dai no vax, «che in Italia sono molti di meno rispetto ad altri Paesi europei». Premesso che un nocciolo duro che non vuole vaccinarsi «esiste dappertutto», se in Italia questo sembrerebbe rappresentare «il 6-7% dell’intera popolazione», in Francia ne sarebbero addirittura il doppio: «Si parla di un 10-15% di persone che non vogliono vaccinarsi contro il Covid-19». Uno dei problemi di questa situazione sarebbe, secondo D’Autilia, la tendenza tutta italiana a «politicizzare qualunque questione». Ma il Green pass, oltre ad essere una misura che D’Autilia apprezza moltissimo, non è e non può rappresentare «una questione politica».
Un modo per contrastare sia la pandemia da Sars-CoV-2 sia le future emergenze sanitarie è senza dubbio la formazione continua, come dimostra l’incessante flusso di nuove informazioni, studi, ricerche ed evidenze scientifiche che cambiano in continuazione le carte in tavola della situazione e che vanno acquisite e fatte proprie il prima possibile per poter rispondere con prontezza agli attacchi del Covid-19. «Da questo punto di vista – spiega D’Autilia –, in Europa l’importanza della formazione continua è fuori discussione, mentre l’Italia è ancora indietro. Da noi si è fatto fatica a far passare il concetto dell’obbligatorietà di questo aspetto della professione».
Obbligatorietà che in altri Paesi non esiste negli stessi termini, in quanto «è solo un obbligo deontologico e non di legge. Ma in Italia, per fare qualcosa, abbiamo bisogno di leggi e delle relative sanzioni». Per questo il Sottosegretario Sileri «dice una cosa ovvia quando spiega ai colleghi che il 31 dicembre prossimo si chiude il triennio e si passerà al controllo delle varie posizioni. Ma la risposta qual è stata? Vogliamo una deroga. Purtroppo non si può vivere di rinvii e rinvii».
Il futuro della formazione ECM sarebbe però più roseo, considerato che le fasce meno restie ad approfittare dei vantaggi della Formazione a Distanza, ovvero quelle con più anni di lavoro sulle spalle, stanno andando in pensione e vengono sostituite da giovani che hanno molta più dimestichezza con i device con cui seguire corsi in FAD. «In Italia la Formazione a Distanza ha fatto molta fatica a partire e ad essere sfruttata a pieno. È una forma mentis ma le cose stanno cambiando. Basti pensare che fino a qualche decennio fa se non ci si recava fisicamente ad un congresso la formazione non veniva fatta. La FAD – conclude – è un grosso incentivo alla formazione e in futuro se ne farà sempre di più».
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