«I cittadini trentini chiedono maggiori servizi e nuovi investimenti: se non interveniamo, anche a causa della denatalità, rischiamo lo spopolamento della montagna». E sulla carenza degli specialisti: «Il Governo deve adoperarsi o mancheranno, soprattutto, pediatri, medici di base, guardie mediche e anestetisti» così il Presidente della Provincia autonoma di Trento
Il Fondo Sanitario Nazionale di 111 miliardi di euro è stato ripartito tra le Regioni e ora siamo in attesa del nuovo Patto per la Salute che sarà stipulato entro il 31 marzo tra Governo e Regioni. L’accordo dovrà contenere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati dal SSN. Ne abbiamo parlato con Maurizio Fugatti, Presidente della Provincia autonoma di Trento; il Governatore crede fermamente che il nuovo Patto dovrà essere bilanciato tenendo conto del calo demografico e ha espresso la sua opinione sulla grave carenza di medici specialisti che attanaglia il SSN.
Presidente Fugatti, lei è stato Sottosegretario alla Salute: quali sono le condizioni che le Regioni pongono al Governo per il rinnovo del Patto per la Salute?
«Anzitutto noi, in qualità di provincia autonoma, i nostri servizi sanitari ce li finanziamo già tutti sul nostro territorio. Le risorse che immettiamo nel sistema sanitario trentino sono risorse nostre che non appartengono al SSN quindi non è corretto formalmente chiedere che noi interveniamo sul sistema di riparto. Inoltre, all’interno del Patto per la Salute si parla di punti nascita: noi riteniamo che, alla luce del calo demografico, le caratteristiche tecniche con cui vengono considerati validi determinati punti nascita devono tenere conto del calo demografico. Ad esempio, i valori di riferimento fissati nei 500 parti annui devono tener conto del calo demografico; questa è una problematica che deve essere posta al Ministero della salute».
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Quali sono le priorità che si è dato nel suo mandato come presidente della provincia di Trento?
«Noi viviamo le criticità di un territorio di montagna: pur essendo una provincia autonoma vediamo che nelle valli e nelle periferie le richieste dei cittadini – pena lo spopolamento delle valli e delle montagne perché questo è il rischio – sono da individuare in maggiori servizi e nel mantenimento di quelli esistenti; in caso contrario, vivere nelle valli è difficile e diventa discriminante. È necessaria, dunque, una presa di coscienza di questa problematica e anche un forte investimento su questo: vale per i punti nascita, vale per i servizi sanitari sui territori, vale per alcuni reparti degli ospedali di periferia, per gli aspetti sociali. Rischiamo lo spopolamento della montagna se non interveniamo in questo senso anche a fronte della carenza della natalità».
A questo proposito, il tema della carenza dei medici si sente nella vostra Regione?
«Si sente anche da noi come a livello nazionale; qui è stata sbagliata la programmazione degli ultimi 15 anni a prescindere dai governi che hanno governato. L’auspicio è che questo Governo metta mano a questi criteri perché altrimenti mancheranno, soprattutto, pediatri, medici di base, guardie mediche e anestetisti».