Tra le proposte presentate da Stefania Mammì quella di incrementare il Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita di 10 milioni di euro per il triennio 2021, 2022, e 2023. Sullo sfondo l’idea di modificare la legge 40 del 2004: «Così contrastiamo il calo delle nascite»
A sedici anni dalla Legge 40 del 2004 che ha regolamentato la procreazione medicalmente assistita, resta ancora complicato il percorso che le coppie con problemi di fertilità devono intraprendere per accedere a questa tecnica. Tutto ciò nonostante i nuovi LEA, introdotti nel 2017, abbiano ricompreso i percorsi terapeutici di riproduzione medicalmente assistita: diritti che, come purtroppo spesso accade nel nostro Paese, restano solo sulla carta. La realtà vede ancora una volta un’Italia a macchia di leopardo, con alcune Regioni che offrono le cure nella sanità pubblica e altre con costi interamente a carico dei pazienti.
Un divario inaccettabile che ha spinto la deputata del Movimento Cinque Stelle Stefania Mammì a presentare alcuni emendamenti alla Legge di Bilancio per sanare questa disparità: dal finanziamento del Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita con un incremento di 10 milioni di euro per il triennio 2021, 2022, e 2023 a interventi mirati a rafforzare la formazione specialistica delle figure professionali coinvolte nelle tecniche di PMA, in particolare i biologi.
«L’obiettivo è quello di contrastare il calo del tasso di natalità verificatosi in Italia negli ultimi anni prevedendo una serie di misure volte a facilitare l’accessibilità alle coppie con problemi di fertilità o sterilità» spiega a Sanità Informazione Mammì che ha anche presentato un Ordine del giorno, durante la discussione per la conversione in legge del Decreto Agosto, relativo proprio alla necessaria implementazione e applicazione dei nuovi LEA nella procreazione medicalmente assistita.
Sullo sfondo c’è l’idea di aggiornare la legge 40 del 2004, come auspicato tra gli altri anche dalla SIRU (Società Italiana della Riproduzione Umana) che da anni chiede di rivedere la materia con una legge moderna, organica e scientificamente aggiornata. «Cambiare oggi la normativa – spiega la deputata M5S – vuol dire renderla più aderente alla coscienza sociale e all’evoluzione della medicina stessa; ma direi soprattutto più chiara e senza quelle opacità che favoriscono solo comportamenti non legittimi o il ricorso alle prestazioni all’estero, in Paesi che non garantiscono la qualità e la sicurezza dei trattamenti».
Onorevole, in Italia una coppia su sei ha difficoltà ad avere figli a causa di problemi di fertilità. Qual è l’obiettivo dei tre emendamenti alla legge di Bilancio presentati in materia?
«Gli emendamenti da me proposti sul tema della procreazione medicalmente assistita si prefiggono l’obiettivo di contrastare il calo del tasso di natalità verificatosi in Italia negli ultimi anni prevedendo una serie di misure volte a facilitare l’accessibilità alle coppie con problemi di fertilità o sterilità a tutte le prestazioni necessarie nelle diverse fasi della PMA; inoltre ho previsto degli interventi mirati a rafforzare la formazione specialistica delle figure professionali coinvolte nelle tecniche di PMA, in particolare i biologi, figure indispensabili nelle attività di laboratorio, proprio per garantire alle coppie competenze ed esperienze specifiche fondamentali per una migliore riuscita del percorso di fecondazione assistita. Tali proposte tengono conto di una situazione ancora molto diffusa ma che è peggiorata con la pandemia, vale a dire la difficoltà di accesso alle prestazioni in regioni che non riescono a coprire con i propri fondi il fabbisogno necessario di prestazioni da erogare. Ciò per diversi motivi, ad esempio l’essere commissariate o in piano di rientro o con scarse risorse a disposizione. Il fondo, previsto dalla stessa Legge 40/2004, si è andato con gli anni riducendo o non è stato utilizzato per favorire l’accesso. Con la proposta si vuole dare una effettiva possibilità di accedere alle prestazioni alle coppie a basso reddito, oggi molto più vulnerabili».
La procreazione medicalmente assistita non è garantita nei LEA in tutte le regioni. Come si può intervenire su questa oggettiva disparità di trattamento?
«Già dall’inizio del 2017, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017, sono stati definiti i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) con l’inserimento nel nuovo nomenclatore della specialistica ambulatoriale di tutte le prestazioni necessarie nelle diverse fasi del percorso di procreazione medicalmente assistita, sia omologa che eterologa; tuttavia a distanza di quasi quattro anni le prestazioni previste nei nuovi LEA non possono essere ancora garantite ai cittadini a causa della mancata pubblicazione di un apposito Decreto del Ministero della Salute con cui dovrebbero essere definite le tariffe specifiche del settore. Ciò ha portato ogni regione a stabilire dei ticket per le prestazioni da effettuare nelle strutture pubbliche e in quelle private convenzionate, che variano sensibilmente da regione a regione, determinando una rilevante disparità di accesso alle prestazioni da parte dei cittadini. Per tale motivo ho già presentato un ordine del giorno, durante la discussione per la conversione in legge del Decreto Agosto, relativo proprio alla necessaria implementazione e applicazione dei nuovi LEA nella Procreazione medicalmente assistita, nonché relativa all’altrettanto, a mio avviso, necessaria riduzione del ricorso alla mobilità passiva interregionale per usufruire delle prestazioni ambulatoriali specialistiche di PMA. Vorrei far notare che il vertiginoso calo del tasso di natalità e di fertilità verificatosi in Italia negli ultimi anni in Italia è stato mitigato proprio grazie ai trattamenti di PMA, che hanno concorso ad aumentare il numero dei bambini nati e pertanto si rende urgente che i LEA relativi alla PMA trovino prima possibile applicazione su tutto il territorio nazionale».
Pensa che sia giunto il momento di rivedere la legge 40 del 2004?
«Fin dall’inizio della legislatura ho sentito la necessità di impegnarmi per apportare delle modifiche alla Legge 40/2004, presentando anche un’apposita proposta di legge, che spero venga presto discussa in Commissione, per poterla finalmente armonizzare con tutte le modifiche apportate dalle pronunce della Corte costituzionale e dei diversi tribunali ai quali le coppie sono state spesso costrette a rivolgersi per vedere garantito il diritto all’assistenza all’infertilità e all’accesso a tecniche di PMA. Tali pronunce ne hanno sensibilmente modificato lo spirito dell’impianto iniziale e in mancanza di un intervento da parte del legislatore, finora si è assistito a una sorta di delega alla magistratura, con l’effetto di ottenere decisioni parziali e in alcuni casi contrastanti con la stessa legge. Alcune questioni riguardano, ad esempio, le finalità delle procedure di riproduzione medicalmente assistita e i criteri di accesso a fasce di popolazione; il destino degli embrioni crioconservati; la possibilità di donare embrioni sovrannumerari; le ipotesi di revoca del consenso nel venir meno dei requisiti soggettivi previsti dalle norme vigenti, ecc. Si tratta di questioni molto delicate sulle quali è necessario intervenire con una certa sollecitudine per garantire un’adeguata tutela della salute riproduttiva e anche il diritto di autodeterminarsi rispetto al desiderio di avere un figlio. Cambiare oggi la normativa vuol dire renderla più aderente alla coscienza sociale e all’evoluzione della medicina stessa; ma direi soprattutto più chiara e senza quelle opacità che favoriscono solo comportamenti non legittimi o il ricorso alle prestazioni all’estero, in Paesi che non garantiscono la qualità e la sicurezza dei trattamenti».
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