Intervista alla responsabile della divisione pediatrica di Emergency sulla scomparsa del polio-virus dall’Africa e l’importanza delle vaccinazioni governative e dell’informazione tra i civili. Ora la sfida si sposta in Afghanistan e Pakistan, mentre Covid spaventa il mondo
Qualche giorno fa la notizia è arrivata dall’Organizzazione mondiale della sanità: l’Africa è ufficialmente libera dalla poliomielite selvaggia. Anni di vaccinazioni e profilassi hanno realizzato uno degli obiettivi più importanti per tutto il mondo, cancellando anche il terzo ceppo di polio-virus dal continente. Sanità Informazione ha raggiunto la dottoressa Manuela Valenti, responsabile della Divisione pediatrica di Emergency, per capire cosa significa e quali sono i prossimi passi.
«È una bellissima notizia che fra l’altro arriva in un momento particolarmente difficile», è soddisfatta la voce della dottoressa mentre commenta la notizia. «Era sicuramente uno degli obiettivi che l’Oms si era prefissata – prosegue – ma averlo raggiunto è un grande traguardo». Traguardo che è arrivato con un lavoro partito dall’educazione e dall’informazione.
La dottoressa Valenti non dimentica i volti delle tante madri che arrivavano nei centri sanitari per richiedere la prima vaccinazione per i propri figli, spesso avendone già perduti per altre patologie. «Loro sono una grande spinta e una grande parte del successo che si è riusciti a raggiungere in Africa – afferma -. Insieme, ovviamente, al fatto che i vaccini sono distribuiti dai governi, quindi si gestiscono con facilità».
In Angola, Nigeria, Repubblica Centrafricana e Repubblica democratica del Congo sopravvive, per il momento, una forma di poliomielite da vaccino. «Una situazione che capita abbastanza nella storia delle vaccinazioni e di questo tipo di patologie», spiega Valenti. «Sono delle forme molto più leggere rispetto alla forma selvaggia, perché il poliovirus è un enterovirus, quindi si trasmette per via oro-fecale, come capita per tutti i virus delle forme estive di gastroenterite, per capirci. Quindi una circolazione del virus attenuato, che è quello contenuto poi nel vaccino, rimane. Per questo periodicamente ci sono ancora dei piccoli focolai in alcuni Paesi africani».
Una forma di polio che comunque non desta preoccupazioni, a differenza di quella selvaggia e ancora endemica che permane in Afghanistan e Pakistan. Gli unici due Paesi che non hanno ancora sconfitto il polio-virus. Diverse le spiegazioni, molto legate alle tumultuose situazioni politiche e militari che continuano a succedersi. «L’Afghanistan è un paese in guerra – specifica la dottoressa – e quindi in queste situazioni la normale distribuzione dei vaccini diventa molto più complicata. Non so poi cosa succederà nei prossimi anni in paesi come Siria e Yemen, dove la situazione ora è drammatica». Anche il Pakistan «ha grosse difficoltà, sia per il territorio impervio sia per una non capillare distribuzione dei centri di salute e di sanità dove si possono effettuare le vaccinazioni».
«Con Emergency siamo presenti in Afghanistan e anche in tanti paesi africani. In tutti i nostri centri pediatrici, in collaborazione con i ministeri della sanità locali, abbiamo uno spazio dedicato dove vaccinatori mandati dal ministero locale effettuano le vaccinazioni ai nostri bambini», ha poi raccontato dell’esperienza sul campo. «Ed è sempre nostra cura verificare il libretto sanitario nelle mani delle mamme, per essere sicuri poi che tutte le dosi vaccinali vengano effettuate. Perché la difficoltà spesso è riuscire a mantenere le tempistiche e gli appuntamenti per i vaccini che necessitano di dosi successive».
Ora l’Africa dovrà affrontare altre sfide. Mentre si sono fatti grandi passi sull’Hiv, la tubercolosi resta ancora un grande ostacolo: meno sul trattamento degli infetti, ma più sulla profilassi dei contatti. «Resiste ancora tanto la malaria – aggiunge Valenti – sia perché si fa fatica a mantenere dei comportamenti che potrebbero ridurre la puntura delle zanzare, sia per l’esistenza di alcune forme resistenti ai farmaci anti-malarici che ci complicano la vita». I fronti ancora aperti sono tanti. «Ma di certo ciò che fa più vittime resta la malnutrizione», insiste.
Ora la pandemia di Sars-CoV-2 sta mettendo alla prova il lavoro delle ong che, come Emergency, portano aiuto all’estero. «Siamo comunque stati “fortunati”, perché in Africa è arrivato dopo rispetto all’Europa e abbiamo avuto tempo per prepararci», racconta. Emergency ha aiutato anche in Italia, nell’ospedale da campo di Fiera di Bergamo, quando la situazione era più grave.
«Contro Covid-19 – spiega la dottoressa – abbiamo messo in campo tutto quello che avevamo imparato durante l’epidemia di Ebola e quelle periodiche di colera. Per quanto riguarda le spedizioni di container e materiale abbiamo lavorato più duramente del solito. I costi sono aumentati, come capita sempre in queste circostanze, ma siamo sempre riusciti a far arrivare tutti i dispositivi nei nostri progetti».
Cosa succederà nel futuro? La risposta di Valenti guarda al lato positivo: «Vorrei essere ottimista e credo e spero che riusciremo a gestire le cose. In Sierra Leone siamo riusciti a far lavorare un ospedale in piena epidemia di Ebola: una struttura che si occupava di chirurgia generale, ortopedia e pediatria. Non abbiamo mai interrotto le nostre attività, riuscendo a non far entrare il virus. Un’esperienza importante che ci ha dato modo di sviluppare un punto di vista molto focalizzato su queste problematiche».
Ora l’Africa affronta il nuovo ostacolo con un’arma in più e può dimenticare la poliomielite. «In questo momento questa – conclude la dottoressa Emergency – era la buona notizia che ci voleva e che ci aspettavamo, perché comunque credo che, rispetto a tante polemiche e diffidenze nei confronti della scienza, questa sia proprio una bella storia».