L’invito a tutti i Paesi europei a riesaminare casi sospetti dell’anno scorso. Preoccupa l’Europa orientale: casi in aumento. Vaccino pronto per inizio 2021, Oms si impegna perché sia accessibile a tutti
In Europa c’erano pazienti malati di Covid-19 già da dicembre. La scoperta arriva dalla Francia, in cui un ospedale ha analizzato alcuni campioni di polmoniti sospette scoprendo di aver trattato un contagiato già il 27 dicembre. Quasi un mese prima che venisse annunciato il primo contagiato ufficiale.
«Non ci sorprende», è questo il parere dell’Organizzazione mondiale della sanità sulla novità francese. Christian Lindmeier, uno dei portavoce, dopo un incontro a Ginevra ha invitato tutti gli Stati europei a indagare i casi di polmonite con un’origine ignota rilevati negli ultimi mesi del 2019.
«Ci darà un’immagine più chiara su tutto – ha dichiarato Lindmeier – e ci aiuterà a capire l’effettiva circolazione potenziale del virus».
Già da qualche tempo si parla di un’Europa a due velocità, rispetto alla diffusione del contagio. Dal 12 aprile, ha assicurato il direttore regionale per l’Europa dell’Oms Hans Kluge, si è vista una progressiva diminuzione nella parte occidentale del continente. Tuttavia, «la situazione nella parte orientale della Regione continua a destare preoccupazione – ha aggiunto –. Bielorussia, il Kazakistan, la Federazione Russa e l’Ucraina hanno registrato un aumento dei nuovi casi nell’ultima settimana».
Resta “fragile” l’equilibrio attuale. Al momento 43 Paesi europei «hanno implementato restrizioni alla circolazione interna parziale o totale», mentre «32 Paesi si stanno muovendo per allentare con attenzione alcune delle misure adottate, poiché riescono a controllare la trasmissione del virus». Kluge insiste sulla necessità che la transizione sia graduale, pena «una rapida ricaduta».
Alla cautela invita anche Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms, che in un’intervista sul quotidiano “Il Messaggero” ha parlato di numeri di contagiati in Italia sicuramente diversi da quelli che ogni giorno ci vengono riportati dalla Protezione Civile. «Non mi sbilancerei – ha dichiarato –. Stando ai dati della Cina siamo nel giro di qualche milione. Anche più di 3 milioni. Abbiamo regioni molto popolose che hanno avuto un intenso attacco del virus, ma i valori saranno ovviamente molto differenti da regione a regione».
Anche per questa ragione Guerra parla di screening e test sierologici come un’arma per ricostruire la circolazione del Covid nel nostro Paese. I test sugli anticorpi saranno prima di tutto uno strumento epidemiologico, ma non un «vincolo per la riapertura», in quanto le informazioni sull’immunità effettiva sono ancora poche. «L’esperienza sulla famiglia dei coronavirus dice che l’immunità dura uno o due anni – ha specificato Guerra – ma siamo di fronte a un virus nuovo e non ci sono certezze. Per ora non abbiamo alcun caso di recidiva al mondo».
Sulla possibilità di fare tamponi di massa, invece, Guerra si dichiara contrario. Più che la quantità è la rapidità che deve essere implementata secondo l’esperto: «Un sistema di sorveglianza attiva che identifichi il positivo entro 24 ore, prima che vada in ospedale». Agli inizi dell’epidemia i tamponi si eseguivano su chi mostrava polmonite o infezione polmonare, mentre ora la sintomatologia è più ampia.
Per la fase due il dirigente Oms guarda positivamente al sistema di riapertura progressiva con un intervallo di 15 giorni tra una fase e l’altra: «La chiave è reagire immediatamente e circoscrivere un’eventuale riaccensione dell’epidemia. Inoltre è importante la sorveglianza a livello delle strutture produttive, dove la gente va a lavorare». E sul rischio che le singole regioni programmino meno tamponi per non rilevare un incremento dei casi, Guerra risponde che quello è solo uno dei 21 indicatori fissati dal Ministero della Salute: «C’è anche il numero dei ricoveri, anche in terapia intensiva. Quanto più si riesce a intervenire sul territorio, tanto meglio è per tutti».
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Sul futuro, in ogni caso l’esperto non ha dubbi: sarà fatto di tutte le persone vaccinate. «Ci sono un’ottantina di vaccini in valutazione – ha illustrato – almeno 5 o 6 estremamente promettenti che potrebbero darci uno strumento efficace entro il primo trimestre del prossimo anno». La ricerca non è partita da zero, ma utilizzando la stessa piattaforma di studi che si era creata per la Sars, poi scomparsa. «A livello di Oms – ha poi precisato – ci stiamo cautelando perché il costo del vaccino, da chiunque sia sviluppato, sia gestibile. Non può essere riservato solo a chi se lo potrà permettere».
Nel periodo di convivenza con il virus che ora ci attende, Guerra invita alla prudenza, sopratutto sui mezzi pubblici. «Quello che ora importa – ha concluso – è identificare i contatti. In questo l’app “Immuni” sarà fondamentale. Spero che gli italiani capiscano che è fatta per proteggere, non per invadere la privacy. Diamo la possibilità alle App di ricevere i nostri dati per portarci la pizza a casa, mentre qui stiamo parlando della difesa della nostra salute. Spero che i più giovani aiutino anche gli anziani ad installare la App».
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