L’ex ministro della Sanità, oggi alla guida Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, lancia la sua proposta per rendere sostenibile il SSN: «Bisognerebbe cominciare a capire che è meglio evitare di far pagare i ticket ai malati di cancro per gli aspetti diagnostici piuttosto che pagare per chi ha un mal di testa o un mal di gola»
«Non ci devono essere barriere alle migliori cure possibili soprattutto per le malattie più importanti». Francesco De Lorenzo, ex ministro della Sanità e presidente della FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e della European Cancer Patient Coalition, cui afferiscono oltre 400 associazioni di malati di cancro in tutta Europa, ha le idee chiare su quello che andrebbe modificato nella sanità italiana. A partire dalle diseguaglianze che, inevitabilmente, si sono create con la regionalizzazione del Sistema sanitario italiano, un problema a cui si può ovviare permettendo allo Stato di poter intervenire con poteri sostitutivi «garantendo i Lea. Non è possibile – spiega De Lorenzo a Sanità Informazione – che alcune regioni hanno i finanziamenti per l’assistenza domiciliare e non la fanno e il malato di cancro muore nei reparti per acuti perché non ha l’assistenza domiciliare, dovrebbe intervenire lo Stato».
Presidente, da poco sono stati celebrati i 40 anni del Sistema sanitario nazionale: quali sono secondo lei i due problemi più gravi che affronta il nostro SSN?
«Oggi il diritto alla salute e quindi all’accesso ai trattamenti terapeutici è un diritto condizionato dalla sostenibilità economica. È inutile che giriamo attorno al problema senza riconoscere questo. Certo tutti vorremmo dare tutto a tutti. Questo è un problema che si è dimostrato nel tempo impossibile. Bisogna lavorare per evitare sprechi, per finalizzare meglio i trattamenti, però bisogna fare i conti con questa realtà. Io personalmente ritengo che bisognerebbe anche cominciare a pensare di garantire in primis a tutti la cura e i migliori trattamenti per le grandi malattie. Le grandi malattie toccano un po’ tutti: la cardiochirurgia, l’ictus cerebrale, tutte le grandi malattie dove c’è bisogno di alta specializzazione e di assistenza ospedaliera adeguata. Per queste patologie non ci devono essere barriere alle migliori cure possibili soprattutto oggi che con i prodotti innovativi si possono fare i miracoli. Penso che forse quelli che hanno più mezzi dovrebbero pagare per evitare che ci sia una dispersione di risorse per patologie transitorie come l’influenza, un piccolo catarro, un dolore reumatico, ecc. Per questo forse bisognerebbe cominciare a capire che è meglio evitare di far pagare i ticket ai malati di cancro per gli aspetti diagnostici piuttosto che pagare per chi ha un mal di testa o un mal di gola».
Lei è un critico della regionalizzazione del sistema sanitario…
«A quel tempo noi avevamo previsto anche il potere sostitutivo, tanto più che ci troviamo di fronte ad una regionalizzazione spinta. Oggi dovremmo avere un governo centrale che sia in grado di intervenire se viene meno il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza. Non è possibile che alcune regioni hanno i finanziamenti per l’assistenza domiciliare e non la fanno e il malato di cancro muore nei reparti per acuti perché non ha l’assistenza domiciliare, dovrebbe intervenire lo Stato. Di fronte a queste carenze io credo che bisognerebbe garantire il diritto all’accesso ai trattamenti al malato ovunque esso risieda, e per far questo io credo che, lasciando l’autonomia alle regioni, uno Stato centrale che interviene per garantire i Lea ci vuole».